Brexit e bombe: che europeo sei? Che santo sei?

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Per ragioni professionali non posso esprimere posizioni personali sull'esito del referendum nel Regno (che fu) Unito. Rischio il cartellino giallo. Da quel 23 giugno 2016 in certi quartieri non si parla d'altro. Si, perché che lo si voglia o no, il voto referendario fa tremare i polsi del sistema creando inquietudini d'altri tempi.

 

L'uomo senza qualità di Musil è opera che di questi tempi torna alla mente di molti. L'inesorabile sgretolamento dell'impero Astro-Ungarico è similitudine fin troppo ovvia, incluso il ruolo che ebbe l'establishment, più occupato a festeggiare il giubileo di Franz Josef piuttosto che di riconoscere i segni di tempi che puntavano diritti diritti non solo verso la fine di un impero ma pure verso il più sanguinoso conflitto bellico della storia.

Prima di fare le pulci al governo dell'Unione Europea e dei suoi Stati Membri, bisognerebbe cercare di capire in che mondo viviamo, quali sono i suoi mali, le relative cause e le possibilità di porvi rimedio.

 

Guerre, carestie, crisi migratorie, desertificazione e disastri ambientali, abusi e violenze, traffici di morte, povertà e diseguaglianze estreme, epidemie, che altro? Siamo sotto assedio e oserei dire come mai prima, per la semplice ragione che mai nella storia dell'umanità i mali del mondo hanno avuto dimensioni, in aggregato, simili a quelle del mondo contemporaneo. Ciò che più inquieta sono i nessi tra i mali d'oggi; stiamo diventando tutti atomi di un enorme effetto a catena capace di esplodere da un momento all'altro (con il dubbio peraltro che le micce siano già accese e prossime al detonatore).

Difficile però stabilire un ordine causale univoco. Basti guardare alla Nigeria: nel delta del Niger lo sfruttamento corrotto delle risorse petrolifere distrugge l'ambiente, l'agricoltura, la pesca e genera diseguaglianze intollerabili. Nella regione del lago Chad, la desertificazione distrugge le risorse tradizionali, creando povertà estrema che a sua volta nutre i movimenti violenti. In Sud Africa, le ferite di un passato violento vengono usate per giustificare politiche cleptocratiche che a loro volta generano sprechi, povertà crescente e conflittualità.

 

Facile guardare in casa altrui (voglio dire l'Africa sub-sahariana). Il disordine ha penetrato l'Europa e di nessi causali nessuno vuole o sa parlare. Nel mondo del consumo, delle certezze burocratiche, delle vacanze estive, del progresso tecnologico cosa sarà andato mai male? Com'è possibile che non si riesca a far fronte all'insicurezza, all'immigrazione, alla povertà ed alle diseguaglianze crescenti? Un numero sempre maggiore di cittadini si sente abbandonato, impaurito, arrabbiato.  Il sistema è diventato il nemico ed il problema. Il governo, l'Unione Europea, le cosiddette élites sono non solo responsabili dei mali del nostro tempo; vanno eliminate, sia per motivi retributivi sia perché con questa gentaglia non ci può essere futuro.

Voglio dire, sarà pure vero che la cosiddetta governance dell'Unione Europea e dei suoi stati Membri fa acqua da tutte le parti e che molte cosiddette riforme risultano poco soddisfacenti. Non si capisce però verso che alternativa molti movimenti di protesta ci stiano portando. O meglio, mi domando se i cittadini si rendano conto la proposta e le strutture che stanno dietro a tali movimenti. Pensiamo al Front National. Imputano tutti i mali al tradimento dell'idea nazionale; secondo loro bisogna chiudere le frontiere e difendere il suolo natio con politiche autarchiche e la militarizzazione dei confini.  I nostri vicini non dovrebbero interessarci più di tanto; anzi, ove dovessero infastidirci troppo, dovremmo essere pronti a reagire con i muscoli e le armi. Abbasso la diplomazia, vive la France!

Beh, questo è il mondo da cui abbiamo cercato di allontanarci durante gli ultimi settant'anni, ovvero dalla fine della Seconda Guerra mondiale che di quel mondo è stata figlia. L'idea Europea è nata appunto per far prevalere le ragioni del dialogo e, diciamolo, del compromesso, sopra le ragioni della violenza e della guerra. La creazione di un mercato comune e di politiche esterne comuni ci avrebbe dovuto rendere più uniti e più forti, trasformando l'Europa da tradizionale focolare di guerre a fiaccola di pace per il mondo.

Ci siamo davvero rassegnati al tanto peggio tanto meglio? E perché?

 

Il mio pensiero in questi giorni è volto piuttosto a quello che si può (e forse si deve) fare per risvegliare i cuori degli italiani e di tutti gli europei al fine di riscoprire le ragioni e gli strumenti di un futuro condiviso.

L'impegno a capire, lo studio, l'informazione, l'educazione hanno un ruolo importante da giocare. Non parlo di un'ora settimanale di educazione civica; allo stato presente credo che tutti, parrocchie, scuole, gruppi sportivi, le associazioni, le imprese, le famiglie soprattutto (le benedette formazioni sociali dell'Articolo 2 della Costituzione) siano chiamate a dedicare un tempo congruo allo studio, alla ricerca e al vaglio delle informazioni nonché all'elaborazione di idee.

Non fa figo parlare di doveri, ma, onde scongiurare il peggio, credo sia tornato lecito parlare di doveri di cittadinanza. Lo studio, l'educazione, la condivisione delle idee nelle formazioni sociali sono doveri perché, senza quelle, le libertà ed i diritti diventano lettera morta. Senza amore per la collettività, in altri termini, diventiamo tutti schegge impazzite, drogati di bisogni e di consumi.

Una cittadinanza così ritrovata e rinnovata diventa leva di cambiamento e di ritrovato ottimismo.

Lo so, sono idee trite e ritrite. La Costituzione italiana è fin troppo chiara su questi punti. La dottrina sociale della Chiesa ripete queste cose da secoli. La sfida comunque si ripresenta inesorabile.

E lì arriva il Movimento Pro Sactitate, perché la santità non di uno, ma di molti, è l'obiettivo verso cui tendere, la battaglia che non delude e che, umilmente, ci farà vedere e vivere il vero Bene.

 

I fondatori dell'Europa (Schuman, Adenauer, De Gasperi)  erano tutti impegnati in un cammino di santità. Che europei siamo diventati, noi?  

 

 

Massimo De Luca