Santità comunitaria nella famiglia

Il sacramento del matrimonio, segno e sostanza dell’intimità tra gli sposi e di questi con Dio, rende sacra la relazione umana aprendola alla dimensione soprannaturale. Vivere fino in fondo la risposta a questa vocazione d’amore è vivere l’anelito alla santità.


1. Dio ci crea in relazione

2. Essere intimità

3. Scegliere di amare, rimanere nell’alleanza

4. Santità come intimità con Dio

5. La spiritualità del matrimonio cristiano, segno visibile dell’ Amore.

6. L’amore generativo, una comunità di intimi

7. La Chiesa Sposa, comunità di intimi con l’Intimità

                                                                                            G. e P. Assenza                                                                                 

Dagli atti del IV Simposio Pro Sanctitate. Roma, 20 marzo 2004

1. Dio ci crea in relazione

 

Dio, principio di tutte le cose, è Persona, e non rimane persona singola in una sorta di “splendido isolamento”, ma ha travasato tutto se stesso in Cristo (il Verbo); Dio è essenzialmente relazione, intimità, che è causa e fine della generazione del Verbo; questa relazione è circolare (c’è un dare ed un ricevere). Sono evidenti i tratti sostanziali della divinità: 

«In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.

Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.» (Gv 1, 1-3)

Dio è relazione sin dall’eternità. Lo Spirito Santo riceve la propria identità nel suo procedere dal Padre al Figlio, ispirando in loro l’Amore. Lo Spirito ha il proprio essere nell’unire il Padre ed il Figlio da un io-tu in un noi, una famiglia di tre Persone nell’unità dell’amore e nell’unicità delle singole Persone.

Un Dio “donativo” e “relazionale” non poteva mantenere per sé tali doni ed ha quindi scelto un essere a cui trasferire queste sue peculiarità: l’uomo.

«E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”.

Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.» (Gen 1, 26-27)

«Poi il Signore Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”... Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carneal suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.Allora l’uomo disse: “Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta”.

Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie ed i due saranno una sola carne».(Gen 2, 8; 21-24)

Alcuni elementi sono immediatamente evidenti:

1. Dio ha creato l’uomo e la donna “a sua immagine e somiglianza”. Li ha quindi caratterizzati intrinsecamente con la stessa forza della sua intimità “circolare” che trova due ambiti naturali di attuazione, quello verso il proprio simile (uomo/donna) e verso Dio

2. Dio ha creato l’uomo e la donna per la relazione, reciproca e con Lui, sin dal concepimento del genere umano; la nascita dell’essere umano e del concetto di relazione sono contemporanei

3. Le diversità dell’uomo e della donna non sono un ostacolo alla relazione, ma ognuno porta in essa i frutti della propria specificità ed, anzi, ciascuno è complementare all’altro

4. L’intimità che le tre Persone della Trinità vivono reciprocamente è la stessa che esiste tra gli sposi, è un’intimità sponsale

5. Dio ha posto nell’essere umano un tratto distintivo rispetto a tutte le altre creature: la ricerca della felicità, della pienezza dell’amore e dell’intimità (con lo/la sposo/a e con Dio).

Nella nostra vita, dunque:

a) Dio trinitario è fonte dell’amore e dell’intimità sponsale;

b) l’uomo e la donna sono parte di tale realtà divina e la rendono visibile nel mondo ripetendo all’interno del matrimonio l’esperienza di relazione e di intimità di Dio;

c) il matrimonio è sacramento che contiene tutte le dimensioni della vita spirituale;

d) il matrimonio sacramento “istituzionalizza” la coppia e la proietta nella dimensione di famiglia;

e) la santità è la risposta piena a questo piano divino.

 

2. Essere intimità

“Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza” (Gen 1, 26). Abbiamo dunque detto che le tre Persone della Trinità vivono in una condizione di intimità che ha trasformato in modo permanente e massimo l’io-tu in un noi. Cosa vuol dire “a sua immagine”? Dio ci chiama a condividere il suo amore prendendo parte intimamente al dono di ciascuna Persona della Trinità. Per fare questo ogni persona è chiamata ad uscire “fuori dal proprio io” per incontrare Dio e l’altro. La chiamata ad essere immagine e somiglianza di Dio é una chiamata a vivere in intimità estatica (estasi = uscire da sé) con Dio e con l’altro. Questa condizione è propria di ogni battezzato.

I coniugi hanno in particolare la possibilità di “specchiarsi” l’uno nell’altro, e di incontrare così il mistero di Dio. Quale meraviglia il sacramento del matrimonio! Quale il marito, quale la moglie che non ha sperimentato la dimensione di gratuità, di dono, di sentirsi amato senza particolari meriti da parte propria. Essere in relazione, in intimità, permette di conoscere e di amare, e di unirci a qualcuno diverso da noi nella completa vulnerabilità, disponibilità e mutualità. L’amore ci mette in grado di possedere e di gioire della vera identità di un’altra persona in modo che da due diventiamo uno senza cessare di essere gli individui che siamo. Condividiamo l’uno dell’altro l’identità e l’individualità, che vengono confermate, rafforzate ed aumentate. 

3. Scegliere di amare, rimanere nell’alleanza

Dio-Trinità ci ha amato di un amore infinito una volta per sempre, mentre nell’uomo e nella donna l’amore si incontra, nello scorrere del tempo, con la dimensione della libertà e della responsabilità: amare diventa ogni volta una scelta nuova, un impegno quotidiano. Vivere insieme è decidere ogni giorno di amarci, fedeli al patto d’amore scritto nel più profondo di noi stessi. “L’alleanza va amata nel senso più completo, con la pienezza del proprio essere, non semplicemente con il cuore, ma con l’intelligenza, con la volontà; volontà che significa sforzo, sacrificio, donazione, superamento di tutto quello che eventualmente è contrario all’alleanza in quanto vita.” Sono parole di Mons. Giaquinta (L’alleanza, Ed. Pro Sanctitate, p. 63) che non solo descrivono perfettamente l’atteggiamento dell’uomo verso Dio, ma altrettanto danno idea di quanto sia importante, significativo, vitale prendersi cura della propria relazione sponsale: “l’alleanza va amata”, la nostra relazione è come fosse una nostra creatura, da amare con passione, seguire con attenzione, custodire con donazione e sacrificio quasi come un figlio.

 

4. Santità come intimità con Dio

Poco potremmo progredire in intimità tra noi e con il Signore se non ci fosse stato il primo e fondamentale passo di Lui verso di noi: Dio manda il Figlio che scende tra noi, viene a contatto con noi, ci conduce al Padre. Il Suo dialogo ininterrotto con il Padre apre la via ad ogni nostro dialogo, la Sua vita tra gli uomini segna la nuova e definitiva alleanza tra Dio e ogni persona, e la sua vittoria sulla morte rende possibile il perdono, la capacità di ricominciare dopo ogni interruzione di dialogo (l’unico vero peccato originale), la fiducia nell’amore misericordioso.

Poiché Colui che santifica e coloro che sono santificati sono fratelli, l’unità di fraternità diventa unità di perfezione in Cristo: Egli diventa la causa del nostro procedere nell’intimità, la fonte della nostra speranza, il senso della nostra preghiera. Egli si fa Sposo della Chiesa sua Sposa, che è insieme realtà naturale e soprannaturale: per questo é solo il sacramento del matrimonio, segno e sostanza dell’intimità tra gli sposi e di questi con Dio, a rendere sacra la relazione umana aprendola alla dimensione soprannaturale. Vivere fino in fondo la risposta a questa vocazione d’amore è vivere l’anelito alla santità.

 

5. La spiritualità del matrimonio cristiano, segno visibile dell’ Amore

Noi crediamo che la vita spirituale sia la vita della grazia, la vita nello Spirito, la vita nella Carità, che é “l’amore di Dio versato nei nostri cuori dallo Spirito Santo”. La vita spirituale, quindi, é per tutti, non solo per un’elite monastica e celibe.

Il punto centrale della spiritualità matrimoniale é l’intimità sessuale, intesa come condivisione reciproca della propria identità psicologica fatta in modo aperto, onesto, senza difensive (amore altruistico), come dialogo ininterrotto fra due persone di sesso diverso in tutte le sue manifestazioni. Il rapporto sessuale, quando è una dichiarazione di carità, di un modo di vivere la tenerezza: non solo assomiglia all’intimità divina, ma concretamente ci immerge in essa. Diventiamo intimi di Dio grazie al potere sacramentale della nostra stessa intimità.

Questo amore estatico assomiglia alla vita di Dio, in cui le tre Persone si abbandonano l’una nell’altra in un’intimità che è infinitamente perfetta. Anzi, da un punto di vista umano, ne è il segno visibile perché gli sposi diventano testimonianza, ricordo vissuto di un’intimità divina; gli altri vedendo possono dire: “Veramente Dio esiste ed è amore perché io vedo come queste persone si amano”. Ma poiché tutto questo è impossibile averlo senza l’aiuto divino, ecco l’istituzione del sacramento del matrimonio in cui la particolare grazia sacramentale ci porta ad amare: Dio, non più da soli ma nell’unità familiare; Dio, come Padre nostro e della famiglia; i membri della famiglia, come “domestici dei” e cioè come partecipi del mistero trinitario. (G. Giaquinta, La famiglia comunità d’amore, p. 14)

Ciascuno dei sette sacramenti ha un proprio modo di essere simbolo della grazia che genera: il Battesimo lava con l’acqua; l’Eucaristia nutre con il pane e il vino; il Matrimonio unisce due persone distinte nell’estasi sessuale, nell’uscire da se stessi per un dono totale. E tale segno non è solo un simbolo, è esso stesso causa di ciò che significa: c’è quindi una buona ragione per cui la Chiesa pone l’intimità sessuale al centro del segno sacramentale del matrimonio. Non c’è altra realtà umana con la quale uomini e donne si donano reciprocamente in modo così forte, e mediante cui diventano totalmente se stessi. ‘Il matrimonio sacramento è per gli sposi il luogo privilegiato in cui avere non solo la grazia di santità personale, ma soprattutto quelle indispensabili tra i coniugi e di questi con i figli che costituiscono la vita della famiglia.’ (La famiglia comunità d’amore, p. 16)

6. L’amore generativo, una comunità di intimi

L’amore condiviso converge verso la generazione di una terza persona, in armonie d’affetti e comunità d’amore. Un io-tu è sempre aperto a formare una comunità noi, così come il Padre e il Figlio danno vita allo Spirito dell’amore attraverso il loro vicendevole donarsi. L’amore coniugale, perciò, è sempre aperto ad un terzo, ad un’altra persona, che “procede” dall’amore reciproco di marito e moglie. È un amore fecondo: manca qualcosa se in esso non includiamo la capacità di generare e mantenere nuovi intimi che senza di loro non potrebbero esistere.

L’educazione dei figli è una genuina opera di trasfigurazione nella via dell’intimità e della donazione, un modo per esercitare le virtù nel quale si riceve molto più di quanto si dà. Si ricevono gioia, dinamismo, tenerezza infinita. I figli, infatti, fanno crescere i genitori molto più di quanto non facciano i genitori per loro, perché non c’è scuola più efficace per imparare l’amore-donazione-di-sé di quel prendersi cura giorno dopo giorno di chi è totalmente indifeso e centrato solo sui propri bisogni. E ci vogliono più di vent’anni di premura generosa, attenta, piena di perdono e di compassione, per rendere un figlio persona adulta capace di intimità. Un tempo lungo, una “trasfigurazione”, un cammino di crescita, di dialogo e di speranza. ‘Quando si stabilisce un rapporto tra ciò che Dio rivela e la nostra vita, le nostre esigenze, quando ciò che Dio rivela non è più verità astratta ma si inserisce vitalmente nella nostra esistenza, allora abbiamo un rapporto più diretto, abbiamo qualche cosa che ci interessa, abbiamo la speranza, cioè il desiderio che quanto viene presentato dalla fede diventi qualche cosa di nostro. (...) quanto più comprendiamo che la luce viene non da un Essere distaccato da noi, ma da un Essere che ci ama, che cerca il nostro bene, che pensa continuamente a noi, tanto più la speranza diventa vivace. (...) E allora, aumentando la fede, aumentando la carità, anche la speranza acquista tinte più profonde, più vissute, direi che quasi diventa certezza. Non parliamo più semplicemente di speranza ma di fiducia. E accanto a questa speranza che diventa fiducia, la confidenza, che è un rapporto di amicizia, perché la confidenza con la persona amica ci dà fiducia di poter ottenere ciò che desideriamo. Tale confidenza, sempre sotto l’influsso della fede e della carità, alla luce della speranza, diventa pietas, cioè quel sentimento, quel rapporto che costituisce in nucleo familiare. La pietas è la virtù della famiglia. La speranza, pur con i suoi caratteri di incertezza e di dubbio, tende a diventare sempre più chiara, sempre più forte, sempre più intensa, sempre più certa, fino a diventare rapporto di fiducia che crea poi un rapporto di confidenza e addirittura di pietas.’ (G. Giaquinta, La speranza, pp. 93-94)

7. La Chiesa Sposa, comunità di intimi con l’Intimità

Per il semplice fatto di essere preso dalla premura per il bene di un’altra persona, io divento intimo con lei; il suo bene diventa il mio e nel possedere questo bene comune siamo un’unità.

In questo senso, la capacità di generare non si limita ai propri figli, perché il noi traboccante di amore continua al di fuori del proprio nucleo familiare, nel desiderio degli sposi di donare l’unità del loro amore di coppia a tutti gli altri esseri umani che incontrano nelle situazioni della vita. La missione degli sposi è quella di incarnare l’amore trinitario in un segno che sia credibile, il segno di persone imperfette impegnate a vivere una relazione intensa e profonda che rende l’intimità delle Persone perfette non solo credibile, ma anche affascinante e attraente.

Il processo d’amore genera una comunità di intimi con l’Intimità. La vita matrimoniale è essenzialmente connessa con la vita dell’intera comunità cristiana mediante l’alleanza con la Chiesa, che è una comunità d’alleanza. È attraverso questo legame che le famiglie ricevono sostegno e portano arricchimento alla comunità allargata.

La dimensione ecclesiale del sacramento del matrimonio è un tema poco affrontato: occorre sottolineare che il matrimonio non è uno strumento privato di salvezza per le coppie, ma una forza dinamica, che costruisce la comunità e si rivolge a tutti gli uomini come possibili membri della Chiesa. Il vero legame che unisce le persone nella Chiesa è l’amore; in più, siamo giunti alla consapevolezza che è proprio nell’intimità sessuale che c’è quel potere che trasforma gli sposi: è il loro amore che li trasfigura e li santifica, li rende più attraenti, segno affascinante e credibile del Dio-Amore, capaci di avvicinare le persone alla Chiesa.

Mantenere sempre nuovo il matrimonio non è un processo che impegna solo gli sposi, e nemmeno solo loro e un Dio invisibile. È un rinnovamento che avviene grazie al coinvolgimento di tutte le persone che formano il Corpo di Cristo. Non è un affare privato e tanto meno un affare della sola coppia: la comunità ha la responsabilità di ogni famiglia a lei legata attraverso il sacramento. La santità della famiglia si costruisce in una dimensione ecclesiale.

L’intimità accolta come dono, scelta come stile di vita e vissuta come risposta d’amore ad un Dio che ci ama infinitamente, in breve la struttura mentale sponsale, costruisce la Chiesa. Ci piace molto questa definizione di Chiesa coniata da un sacerdote americano, C. A. Gallagher: la Chiesa è la comunità di persone che vivendo in intimità tra loro, vivono l’intimità con il Dio trinitario. Le coppie sacramentali vanno viste nell’alto profilo di essere un mezzo potente nella Chiesa per sostituirne l’atteggiamento mentale impersonale, non sponsale, con quello di Sposa di Cristo. Una Sposa amata di amore infinito, per la quale lo Sposo ha dato tutto se stesso. Una Sposa ancora in cammino verso una dimensione definitiva, eterna, in cui il rapporto sarà fissato e determinato per sempre nell’amore.

G. e P. Assenza


BIBLIOGRAFIA

C. A. Gallagher “Incarnati nell’amore” 2001, Gribaudi

R. Bonetti /ed./ “Cristo Sposo della Chiesa Sposa” 1997, Città Nuova

Comunità di Caresto “Quando due saranno uno” 2001, Gribaudi

G. Giaquinta “L’alleanza” 1994, Pro Sanctitate

G. Giaquinta “La santità” 1996, Pro Sanctitate

G. Giaquinta “La speranza” 1998, Pro Sanctitate

G. Giaquinta “Famiglia comunità d’amore”, inedito