Santità nigeriana

Sono tornato in Nigeria a fine agosto, dopo un anno di lontananza seguito al trasferimento in Sudafrica, il paese dove dovrei restare fino al 2018. Non riesco a nascondere la pena che il distacco vissuto l'anno scorso mi ha causato; nulla di personale contro il Sudafrica (che è un paese stupendo); ma questo primo ritorno in Nigeria  è stato una liturgia di eventi sociali, culturali ed ecclesiali della cui bellezza riuscivo appena a vagheggiare prima dell'arrivo.

Tra le decine di amici ritrovati ad Abuja, ve ne sono alcuni che meritano una particolare menzione per avere contribuito in modo particolare a nutrire il mio piccolo desiderio di santità durante i miei anni nigeriani ed oltre.

L'amicizia nella fede è stata infatti una fonte di sostegno e d'ispirazione costante in Nigeria. Se il mio cuore si è lasciato sedurre così tanto da quel paese è anche grazie alla bellezza della fede testimoniata dai suoi abitanti. 

Comincerei da Ibi, il mio collaboratore più stretto presso la Delegazione dell'Unione Europea In Nigeria. Intelletto fine, diacono in una chiesa pentecostale, padre di famiglia, innamorato di Gesù, mi ha fatto capire molto di cosa significhi intraprendere un percorso di dedicazione progressiva a Cristo e alla Chiesa. In cinque anni di colleganza, i momenti di preghiera, di riflessione biblica e di attenzione al prossimo sono stati tanti, per lo più spontanei e sempre radicati negli ambienti di vita che abbiamo condiviso: l'ufficio, la politica nigeriana, le relazioni con l'Unione Europea. Oltre ad Ibi, la nostra sezione comprende(va) Ngozi, segretaria energica, madre di famiglia il cui marito opera in qualità di pastore presso una (diversa) chiesa pentecostale. In effetti, i colleghi impegnati in ministeri (pastori e diaconi) in varie chiese pentecostali sono parecchi: Bayo (Infrastucture manager) Ugomma (Public Relation Officer) e Modestus (Press Officer) sono pastori; Adetokumbo (IT manager) e Eno (segretaria) hanno assunto impegni formali nelle chiese pentecostali di appartenenza. Tra i pochi cattolici, Martin frequenta l'Opus Dei e Nkechi è attivissima nella raccolta fondi per varie parrocchie bisognose.

Di grande ispirazione sono stati pure molti amici musulmani, tra cui Bashir (istruttore di palestra), Aminu (il mio autista) e Fatimah (ex collega, di altissimo livello culturale e morale, impegnatissima in molte iniziative benefiche).  La disciplina della preghiera e del digiuno nel mondo musulmano è chiaramente un monito per i cristiani nigeriani e contribuisce a creare un clima di stima e di gioiosa competizione religiosa.

Tramite una onlus locale (Likeminds), Fatima (che è originaria di Maiduguri, epicentro delle attività di Boko Haram) si è dedicata alla cura di decine di sfollati interni tramite la raccolta di fondi, beni di prima necessità e l'istituzione a Maiduguri di centri di contatto per le vittime del terrorismo. Ho avuto il piacere di poter partecipare a qualche riunione di Likeminds anche durante il mio recente soggiorno ad Abuja, non solo sul tema degli sfollati interni ma pure a sostegno delle poche scuole specializzate nell'insegnamento a bambini ciechi.

In un paese afflitto dai conflitti, dall'ingiustizia dall'assenza di protezione di fronte alla malattia ed all'insicurezza, la religiosità tipica dei nigeriani (unita all'esuberanza ed alla generosità)  è senz'altro una delle chiavi di volta del cambiamento. Il cambiamento è già in atto ma richiede continuo nutrimento e sostegno, specie tramite la testimonianza di vite sante, trasformate dal Signore per operare il bene.

Arrivando in Nigeria, è fin troppo facile ritrovarsi a storcere il naso di fronte a tanti atteggiamenti e che offendono la nostra sensibilità (specie quando si tratta di pecunia) ed io non ho fatto eccezione. Le richieste di soldi arrivano da tutte le parti e con esse infinite delusioni. Ma, a parte il fatto che mai tutto ciò ha assunto, nella mia esperienza, i toni della violenza o dell'abuso, bisogna riconoscere che l'umanità di 160 milioni di nigeriani e con essa il suo potenziale di santità è la cosa più grande che quel paese ha da offrire al mondo.

Così come non nascondo la pena del distacco, non posso allora nascondere la gioia di aver ritrovato ad Abuja tutti gli amici della Nunziatura Apostolica. Sono loro gli amici con cui ho condiviso tutti i miei sabati e le domeniche, tra prove di canto, preghiera e liturgie eucaristiche. Col tempo sono diventati amici di sport, di uscite, di volontariato, e nel caso di alcuni, i miei confidenti.  Molti di loro partecipano all'Eucarestia quotidianamente e dimostrano una disponibilità rara ai bisogni della Chiesa. Le loro preghiere e la loro amicizia mi hanno dato vita ed in loro credo perché hanno riposto il loro destino, con tutti i loro difetti, nel Signore.

DI fronte a tanta promessa di santità a me non resta che ringraziare il Signore e pregarlo perché a tempo debito la Sua Parola seminata in Nigeria possa fruttificare per il bene di tutti.

  Massimo De Luca