Verso Firenze, terza tappa... ABITARE

A cura di Marialuisa Pugliese

 

ABITARE

 

La voce del verbo “abitare” è davvero di uso comune: quotidianamente o quasi, più o meno consapevoli, torniamo a coniugarlo, quando ne abbiamo un’esperienza positiva e gratificante, o quando vediamo contrastata dolorosamente questa esigenza inalienabile della persona, o addirittura ne sentiamo negato il diritto connaturale di ogni uomo. Abitare una casa, abitare una città, abitare una patria … Abitare la propria libertà, il proprio credo, la propria vita!

  Ed è su queste sequenze che nel cuore del verbo abitare si intravede un significato più radicale, si spalanca un orizzonte più ampio: per un credente della Nuova Alleanza l’abitare acquista uno spessore evangelico il cui fondamento è il mistero dell’Incarnazione di Cristo. “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria … Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia” (Gv 1, 14.16).

Anche il popolo Pro Sanctitate si riconosce abitante della dimora di Dio in mezzo agli uomini, chiamato ad essere santo come Egli è santo, nell’amore e nella fraternità universale.


LA PREGHIERA DI DAVIDE

 

Una cosa ho chiesto al Signore,

questa sola io cerco:

abitare nella casa del Signore

tutti i giorni della mia vita,

per gustare la dolcezza del Signore

ed ammirare il suo santuario.

Egli mi offre un luogo di rifugio

nel giorno della sventura.

Mi nasconde nel segreto della sua dimora,

mi solleva sulla rupe.

E ora rialzo la testa

sui nemici che mi circondano;

immolerò nella sua casa sacrifici d’esultanza,

inni di gioia canterò al Signore.

 

                                                        Salmo 27(26), 4-6


UN ARCOBALENO DI VERBI

Per abitare … bisogna VENIRE

“Venite a me, voi tutti, che siete affaticati

e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11,28)

“Chi ha sete venga; chi vuole attinga 

gratuitamente l’acqua della vita” (Ap 22, 17)

Per abitare … è necessario ENTRARE  

“Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno

ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò

da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3, 20) 

Per abitare … non si può non RIMANERE

“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me

e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me

non potete far nulla” (Gv 15, 5)

Per abitare … si deve avere l’atteggiamento di DIMORARE  

“Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi

come lui si è comportato. Chi ama suo fratello,

dimora nella luce e non v’è in lui occasione

d’inciampo” (1 Gv 2, 6.10) 


UNA MADRE DAL CUORE APERTO

 

La Chiesa “in uscita” è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà.

La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre.

 

                                               papa Francesco, Evangelii Gaudium, 46.47


LA NOSTRA “UTOPIA”: TUTTI SANTI TUTTI FRATELLI

 

         In due sole pregnanti parole come fossero morbide pennellate di colore – “tutti santi tutti fratelli” – il nostro amato Fondatore Giaquinta ha espresso ciò che nessuno di noi potrebbe dire meglio per indicare il modo con cui i cristiani sono chiamati ad abitare la terra e portarvi il bene e la pace. Carisma per lui, impegno per noi che vogliamo seguirne le orme. Consapevoli dell’utopia che è, senza sconti di sorta.

       Certo: sappiamo che questa realtà è “senza luogo”, perché non esiste nelle sconfinate distese del mondo e dell’universo, e neanche nelle pieghe nascoste del cuore umano; eppure crediamo per fede che è possibile realizzarla, perché il Figlio di Dio è venuto a istaurarla in mezzo a noi, donando la sua stessa vita.

       È una rivoluzione di pensiero, ma soprattutto di vita e di azione. È un cammino che ci chiede di metterci in preghiera per invocare dall’Alto la grazia dell’utopia, e anche il gusto dell’utopia! È una dimensione che, sebbene da pellegrini, ci fa sentire insieme con gli altri a casa nostra, sempre e dovunque. È una molla straordinaria fondata sulla speranza, che ci sospinge ad abitare il mondo senza limiti e pregiudizi, che ci fa guardare lontano senza vergogna e senza paura. Con amore. Per gettare semi di pace. 


PACE

 

Signore, io ho paura,

noi abbiamo paura.

Non senti la violenza che devasta attorno

e rimbalza come terrore

nel cuore nostro e dei nostri figli?

Perché non torni a portare la pace tra noi?

 

O Dio, tu ci parli ancora

con il tuo invito all’amore,

con l’esempio del Figlio tuo

che rinuncia alla violenza

e con la sua morte ci porta la pace.

 

Allora la responsabilità è solo nostra:

dobbiamo saper essere operatori di pace.

E noi lo vogliamo, Signore, te lo promettiamo;

ci aiuti in questo la Vergine della pace.

 

 

                                    Guglielmo Giaquinta