Il coraggio di partecipare alla vita

 Roma 16 novembre 2015

 Carissimi,


   dopo gli attentati di Parigi sappiamo di essere tutti più vulnerabili. La logica del terrore è entrata nel nostro vissuto quotidiano, una nuova forma di guerra che ci trova incapaci di individuare il nemico anche se ne conosciamo l’ideologia, la strategia, l’obiettivo che vuole raggiungere.

Piangiamo le vittime, temiamo nuovi attentati, sappiamo che non ci sono parole per esprimere l’orrore. Sentiamo il dovere di custodire i valori che fanno grande la nostra storia: la libertà, la conoscenza, lo scambio, i diritti, la cultura, le radici cristiane.

   Cosa possiamo fare?

   La domanda cerca una risposta che non sia banale. Potremmo vivere una intensa commozione e poi continuare ad andare avanti come se niente fosse, convinti che cose del genere non ci capiteranno mai. Potremmo rimanere impotenti, statici, impauriti. Potremmo cadere nella logica delle analisi, dei commenti, delle mille dietrologie che riempiono di luoghi comuni i discorsi.

   Invece, credo ci sia chiesto coraggio, tanto coraggio, anche il coraggio della verità.

   Il coraggio di vivere il quotidiano con serenità.

   Il coraggio di partecipare alla vita che ci rende cittadini di una Nazione, ma anche cittadini del mondo.

   Il coraggio di superare diffidenze e paure e di non chiuderci in logiche discriminanti, anche se non si deve venire meno alla vigilanza ed alla prudenza.

   Il coraggio di piangere e fare memoria per tutte le vittime di questo terrorismo globale che sono sparse in diverse parti del mondo. Noi non siamo solo Parigi, noi siamo la Nigeria, la Libia, la Siria, l’Iraq, il Libano, Israele, la Palestina, la Russia, l’Egitto …. Noi non ci identifichiamo nei governi di questi Stati, ma “siamo” la gente comune di ciascuno di questi paesi, ci identifichiamo nella povera e semplice gente che vuole solo vivere in pace, lavorare, generare figli, gioire e soffrire delle cose normali, godere della bellezza di ogni nuovo giorno, cercare e pregare Dio con cuore umile.

   Il coraggio di riconoscere che questo nemico ben preciso ha un corpo oscuro alimentato ed ingigantito da una logica di potere, di sopraffazione, di avidità, di violenza che ogni Nazione di questo nostro mondo, povera o ricca, sviluppata o no, anche quelle che compongono l’Occidente, ha contribuito a creare con le sue scelte.

   Il coraggio di guardare questo nemico in faccia, riconoscendo che il volto deturpato e crudele che ci offre riflette l’infamia di una egoistica egemonia economica alla quale ogni Stato di questo vasto mondo, anche quelli governati da civili democrazie, è sottomesso e prostituito.

  L’avida logica del profitto che genera potere non guarda in faccia nessuno, non ha pietà dei popoli, delle persone, delle famiglie, dei bambini e dei vecchi, dei malati e dei deboli, ripeto della povera gente qualunque.

   Essa calpesta ogni dignità, ogni valore, ogni ragione.

   Essa manipola la vita, la morte, l’identità, le culture, la storia, la fede. E le usa a suo piacimento. Così come sta accadendo.

   Ogni estremismo è un cancro che cellule impazzite formano all’interno dello stesso corpo che è l’umanità. Non può esistere un noi e un loro, non sono esterni a noi, altro da noi. Anche se noi, povera gente, non possiamo identificarci in questo estremismo, ne proviamo l’orrore e lo sgomento.

   Il coraggio di chiedere conto ai nostri governi delle scelte fatte, della miopia politica attuata, dell’incoscienza e ignoranza storica esercitata, del potere economico cercato e dalla quale sono gestiti, della mancanza di vero dialogo onesto, pulito che tenga conto del bene dei popoli.

   Il coraggio di interpellare il mondo orientale sulla sua idea di governo, democrazia, dialogo, religione, sulla sua identità e di esigere una scelta chiara, priva di ambiguità, che il mondo orientale prenda posizione nei confronti di ogni espressione di integralismo e terrorismo.

   Il coraggio di esigere integrazione da chi, straniero, vive nelle nostre nazioni e di offrirla, ed integrazione significa rispetto dei valori, delle leggi, della religione della Nazione che accoglie.

   Il coraggio di essere cristiani: è la libertà più bella, la risposta più adatta, la radice più sana, la cultura più umana e perciò rispettosa dell’uomo.

  Il coraggio di vivere una spiritualità incarnata, di dare corpo alla santità nell’unico modo possibile: compiendo gesti d’amore, di pace, di misericordia. Possiamo generare, noi povera gente che non decide di economia o di guerre, un corpo sano, bello, vivo, frutto di migliaia di piccoli quotidiani gesti di amore.

   È una speranza che dobbiamo darci; è una missione che dobbiamo compiere, nella dolce compagnia di Gesù, perché i nostri giorni non siano vuoti e le nostre vite inutili.

   Cerchiamo i mille linguaggi dell’amore, riconoscendo che solo a Dio possiamo rendere culto e lode e rendimento di grazie e solo l’uomo può essere lode di Dio, attraverso il creato, in questo misterioso universo.

   Che la paura diventi comunione.

   Che l’indignazione diventi mitezza.

   Che la rabbia diventi fermezza.

   Che la violenza diventi amore.

   Che l’amore diventi rivoluzione.

   E questo possiamo farlo solo noi, povera gente delle case e delle strade, dei bar e dei supermercati, degli stadi e delle università, delle Chiese. Questo non lo sanno fare i politici o i governi, purtroppo, né i signori della guerra e della violenza che si nutrono solo di vendetta, né i fanatici religiosi che adorano un dio che rivela solo il volto dell’odio e che a questo dio consacrano la follia del cuore e della mente.

   Sì, possiamo farlo solo noi, impotenti ed inermi e per questo benedetti e temibili, perché l’amore è più temibile dell’odio, la vita è più vera della morte.

   Carissimi sia la preghiera la nostra forza.

   Sia l’azione d’amore esercitata in ogni più piccola situazione la nostra vera risposta, la guerra che a mani nude vogliamo fare.

   In comunione

                                                                           Loredana Reitano

                              Sorella Maggiore dell’Istituto delle Oblate Apostoliche