Luce, amore, preghiera e sacrificio. Epifania di fratenità.

Riportiamo un estratto dell'Omelia del Vescovo Guglielmo, in occasione della Epifania del 1977... 

 

Celebriamo oggi la solennità dell'Epifania, la festa della Befana come comunemente viene chiamata. I nostri bambini - e forse anche le nostre famiglie - non sempre sanno che la parola Befana viene da epifania e forse meno ancora sanno quale sia il significato di questa parola: rivelazione, manifestazione, illuminazione

Quando parliamo della Befana noi pensiamo alla gente che va a comprare i regali e poi alla festa in famiglia, nella intimità, nella gioia dei doni. E sotto questo aspetto nessuno può negare il valore di questa festa che ci vede in genere riuniti per scambiarci fraternamente i doni e per cogliere il grido di gioia dei nostri bimbi, che anche di questo hanno bisogno. Non possiamo però non notare contemporaneamente le deformazioni di questa festa che a volte si è trasformata in un momento di eccessivo consumismo ed è diventata l'occasione per moltiplicare doni inutili. Quanto inutile consumismo, quanti soldi sciupati!

Il problema diventa grosso quando si rifletta ai milioni di bambini che non hanno nessun dono, ai milioni di uomini che muoiono di fame. L'Epifania sotto questo aspetto deve porsi un problema di coscienza: quanto abbiamo dato ai nostri fratelli? 

La giornata di oggi, che ci parla dell'amore di Cristo e della sua donazione, e che purtroppo è diventata giornata di consumismo, deve porre alla nostra coscienza cristiana questa pressante domanda: che cosa abbiamo fatto per i fratelli, che cosa abbiamo dato loro?

Pensiamo, lo ripeto ancora, ai milioni di creature che hanno bisogno di noi. Oggi siamo abituati a parlare di terzo mondo, ma il terzo mondo non è lontano da noi: forse è nell'abitazione che sta di fronte, forse nell'appartamento accanto a quello nostro, forse è nella persona che lavora vicino a noi. Perché come c'è un terzo mondo della fame fisica, così c'è un terzo mondo della fame interiore, di quelli che sono sconsolati, a volte disperati, di quelli che hanno bisogno di un raggio di affetto, di quelli che hanno bisogno di Dio, di quelli che hanno bisogno di un fratello che tenga la mano e dica: “coraggio il Signore ti vuole bene, l'umanità ha ancora un posto per te!”.

Molto spesso i nostri fratelli di questo hanno bisogno. Forse non possiamo dare al terzo mondo dei grandi doni, delle grandi somme. Ma il fratello che ha bisogno accanto a noi, che ha bisogno nell'anima, nello Spirito, noi possiamo, noi dobbiamo dare. Che cosa?

Quello che Cristo ha dato ai Magi,  quello che i Magi hanno dato a Cristo.

 

Cristo ai Magi ha dato la luce. Quanta ignoranza, quanta non conoscenza delle cose di Dio esiste fra noi! Ma noi che ci diciamo cristiani, che affermiamo di amare il Signore, che crediamo di conoscere il suo messaggio, questa luce perché non la diamo agli altri? Ecco il dono che possiamo e dobbiamo fare i fratelli.

 

Leggendo il Vangelo sappiamo che i Magi hanno offerto a Cristo tre realtà che sono tre simboli: l’oro, l'incenso e la mirra.

            L’oro i nostri antichi dicevano che è il simbolo dell'amore: amarci, amare i fratelli, voler loro bene, saper sorridere ad essi, ai piccoli come grandi, ai sani, ai malati e agli anziani, ai non anziani …Il dono del sorriso manifesta la fraternità… Sono convinto che quando ci sia un vero amore interiore, che si manifesta in questo modo, difficilmente il fratello chiude il suo cuore.

         Ma se questo dovesse avvenire, ecco allora l'altro dono che noi troviamo nel Vangelo: l’incenso, che si brucia nelle chiese ed è il simbolo della preghiera. Dove noi non possiamo arrivare, può arrivare Dio attraverso la nostra preghiera. Pregare per i fratelli, pregare, per i nemici, direi soprattutto per i nemici, pregare per quelli che non ci vogliono ascoltare, per quelli che ci disprezzano.

           Il terzo dono è la mirra, il simbolo del sacrificio: sapersi sacrificare per i fratelli. Non basta pregare per loro, non basta amarli con le parole, non basta illuminarli, quando sia necessario occorre saper fare i sacrifici che comprendiamo essere opportuno fare per loro, affinché le eventuali barriere dell'individualismo, della diffidenza cadano e si possa costruire una fraternità di amore in Cristo Signore.

E sono convinto che se così ci comportassimo con i fratelli, se questa fosse l'Epifania di ogni giorno e non di una volta l'anno, se ogni giorno cioè sapessimo vedere nell'uomo il fratello e sapessimo illuminarlo, amarlo, pregare e sacrificarci per lui, nella nostra vita tornerebbe ad attuarsi quel fatto dolcissimo che si è realizzato per i Magi. La Madonna avrà accettato i loro doni e, ne sono certo, come fece con il vecchio Simeone, avrà preso il Bambino e l’avrà dato in braccio a quegli uomini,  i quali lo avranno baciato commossi.

Così sarà per noi, se ameremo i fratelli: la Madonna ci darà Gesù Bambino, perché possiamo amarlo e baciarlo. Che Gesù Bambino benedica noi e le nostre famiglie.

 

Guglielmo Giaquinta, 6 gennaio 1977