Dov'è tuo fratello?

 

Si è svolta Venerdì scorso a Roma, per le strade del centro, la “Via crucis” di solidarietà e di preghiera per le donne vittime della tratta. L’iniziativa è stata promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII (fondata dal Servo di Dio Don Oreste Benzi) in collaborazione con la Pastorale Vocazionale della Diocesi di Roma e sostenuta da molti movimenti ecclesiali: un evento per dare voce a chi non ha voce.

La “Via crucis” ha attraversato le vie della Capitale facendo tappa in sette “stazioni” dove sono state proposte riflessioni e testimonianze di ragazze che hanno vissuto la condizione di vera schiavitù. Molti gli attori e musicisti ad animare l’evento. «In questo periodo in cui la Chiesa vive la Quaresima e nel Giubileo voluto da Francesco, vogliamo scendere in strada con le donne e le ragazzine che subiscono la violenza di sfruttatori e clienti – ha spiegato Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità – per elevare con loro un grido rivolto a Dio ma anche alle coscienze di tutti, e in particolare di chi ha incarichi istituzionali, perché questo mercato di esseri umani venga fermato».

Sono più di 100 mila, le donne straniere costrette a prostituirsi nel nostro paese: hanno tra i 15 e i 25 anni. Vengono attirate dalla speranza di un lavoro, di una vita migliore e, invece, quando arrivano nel nostro paese, cadono nella rete della tratta e, con la violenza, sono costrette alla prostituzione. «Sono le nuove schiave del mondo occidentale, non possiamo fare finta di non vedere. Perché sono un esercito di donne, crocifisse ogni giorno, anche dalla nostra indifferenza», si legge sul sito che promuove l’evento (http://donnecrocifisse.it/). «A queste ragazze, ancora bambine, viene calpestato ogni diritto ad essere donne – sottolineano i promotori dell’iniziativa -. Lottiamo con e per loro, per non mistificare questa terribile violenza».

Accanto alla Comunità Papa Giovanni XXIII, altre realtà ecclesiali lavorano per la prevenzione del fenomeno e il supporto alle persone vittime della tratta, come la Rete Internazionale della Vita Consacrata contro la tratta di persone Talitha Kum, che mette in rete consacrati e consacrate in 70 paesi (www.tahlithakum.info). Si legge nel  Manuale di formazione Talita kum: «Il fenomeno della tratta può essere considerato come un “adattamento” al crescente squilibrio a livello macro economico che caratterizza il cosiddetto processo di globalizzazione economica. Per esempio, le condizioni economiche nei Paesi di origine che determinano una ineguale distribuzione della ricchezza e una diminuzione delle opportunità lavorative accompagnate da alte percentuali di disoccupazione spingono gli individui a spostarsi in aree geografiche dove la domanda di lavoro è maggiore, siano esse all’interno dello stesso paese che all’estero. In questo quadro si creano i presupposti per lo sfruttamento in generale dell’immigrato e in particolare delle donne».

«È indispensabile – scrive Papa Francesco nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium - prestare attenzione per essere vicini a nuove forme di povertà e di fragilità in cui siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente, anche se questo apparentemente non ci porta vantaggi tangibili e immediati: i senza tetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i popoli indigeni, gli anziani sempre più soli e abbandonati, ecc. (…) Mi ha sempre addolorato la situazione di coloro che sono oggetto delle diverse forme di tratta di persone. Vorrei che si ascoltasse il grido di Dio che chiede a tutti noi: “Dov'è tuo fratello?” (Gen 4, 9). Dov’è il tuo fratello schiavo?».

Davanti a tutto questo, cosa possiamo fare?

A livello personale, cercare di essere liberi dai condizionamenti che la società ci propone: dai bisogni ‘indotti’, dal consumismo, da quel desiderio di sentirsi più importanti e potenti che poi ci porta a prevaricare l’altro, nostro fratello.

Dire no all’indifferenza. Cambiare un modo di pensare: “nessuna donna nasce prostituta”, diceva don Benzi. Quindi, non giudicare, avere compassione, pregare.

Nel nostro quotidiano, nei rapporti di lavoro, soprattutto, rispettare la dignità di ogni persona, di che è più debole, rispettare il suo diritto a condizioni lavorative eque.

Ogni uomo che ti passa accanto è tuo fratello, scriveva il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta. A chi ti chiede qualcosa se è un suo diritto: fai subito ciò che ti è possibile non rendere difficile ciò che è facile non far cadere dall’alto ciò che è semplice. (…) A chi nulla ti chiede o nulla vuole, riserva il dono di una preghiera più viva.

Vittoria Terenzi