Gioia dell'incontro che redime

 

Il ladrone gli disse:

«Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno.

Gli rispose: 

«In verità ti dico, oggi  sarai con me nel paradiso».

Lc 23,43

 

 

Solo l’amore, un amore misterioso, insondabile, senza interesse, autentico amore di amicizia, di donazione generosa di Dio verso di noi può spiegare il mistero della croce che deve essere quindi una provocazione d’amore.

 

Quando si parla di santità e di amore non si può e non si deve mai prescindere dalla radice di questo amore che è la croce. E non si tratta di un amore psicologico, emotivo, a “fior di pelle”, ma di un amore sancito con il sangue: Cristo ha significato fusione tra Dio e l’umanità nel suo sangue in una alleanza definitiva.

Infine, la croce è il culmine e la dimostrazione dell’amore vero, reale, esistenziale, di Dio per noi.

Dinanzi ad un Dio “solitario” che in un momento determinato crea, noi abbiamo il senso della fede e noi lo accettiamo come Dio creatore.

Dinanzi ad un Dio trinitario che ci venga rivelato, noi adoriamo perché non possiamo comprendere.

Dinanzi a un Dio infinito, onnipotente, autosufficiente, infinitamente beato, che ci ama e diventa uomo per noi, che assume il peso della nostra umanità sofferente, che muore in croce per noi che ci trasforma in se stesso, dinanzi a tutto questo non si può semplicemente credere e adorare: si deve amare.

 

 

Guglielmo Giaquinta – La teologia della croce