Quando Misericordia chiama Misericordia

Lc 9, 10 - 17 

 

Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto...

 

Ci ritroviamo a riflettere dinanzi a un Vangelo che ha dei verbi bellissimi. Uno è raccontare: gli apostoli dopo aver annunciato e guarito vogliono raccontare al Maestro quello che hanno detto e fatto, come sono andate le cose.

Il raccontare è una bella cosa, parla di condivisione di esperienze, il raccontare vuol dire avere  una persona che ti ascolta, che ti dà del tempo, a cui interessa la tua vita. Il raccontare è di chi si sente amato, accolto.

Gesù è il Maestro dell’ascolto: ascolta il Padre, ascolta l’umanità, ascolta tutti indistintamente.

Il verbo raccontare è una provocazione alle nostre distrazioni: se un fratello racconta, si racconta, il tempo è sacro. Mi fermo e ascolto.

Altri verbi sono: Li prese con sé, si ritirò in disparte, per stare con loro: Marco dirà: riposatevi un po’.   

Questa verbi mostrano la tenerezza di Gesù che vede la stanchezza dei suoi e desidera che recuperino le forze, come se proponesse loro  un ritiro spirituale. Il nostro Gesù è umano e questo è molto bello.

Poi ci sono dei verbi che contrastano tra loro: i discepoli dicono: congeda la folla, vada per i villaggi per alloggiare e trovare cibo...qui c’è il deserto!

E come se dicessero... Se la sbrighino da soli, si organizzino...qui c’è il deserto!

Cosa possiamo fare noi? Ma dove c’è Gesù non può esserci il deserto, dove c’è Gesù c’è casa, c’è Chiesa, c’è fraternità, c’è accoglienza!

Ed ecco i verbi di Gesù: Date voi stessi da mangiare,  (altro che trovino cibo!), fateli sedere (altro che vadano per i villaggi), poi prese i pani e i pesci, alzò gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò: tutti gesti che ricordano l’ultima cena, gesti eucaristici. Il deserto diventa casa, diventa Chiesa.

I discepoli si erano  distaccati dal problema. Gesù li coinvolge.

Se non c’è coinvolgimento non c’è cristianesimo. Se la vita dei fratelli non ci coinvolge, non ci interessa, non ci appartiene non siamo di Cristo! Gesù si interessa dell’anima ma anche del corpo, si interessa dell’uomo nella sua totalità.

Le elemosine più belle sono quelle in cui si guarda negli occhi e si chiede: come stai?

E le preghiere più belle sono quelle che sono seguite dalle azioni: c’è un cammino da fare che chiede coerenza, lasciarsi scomodare.

Gesù aveva portato i suoi per riposare ma rompe tutti i programmi e gli schemi, perché l’asse della sua vita sono gli altri non se stesso e questo è quello che vuole insegnare ai suoi…a noi Chiesa che deve imparare dal Maestro.

Dobbiamo dare tutto a Gesù, i nostri pani e i nostri pesci... i doni che abbiamo perché lui, li possa moltiplicare. Consegnare a Lui tutto! Ma per consegnare bisogna amare e fidarsi di Lui!

Chiedergli: cosa vuoi che io faccia per te?

Cosa possiamo imparare da questo Vangelo?

L’andare verso l’altro, senza demandare

Il servizio, anche se porta con se la stanchezza

Il passaggio dal comprare al condividere

La consapevolezza che  nulla è impossibile a Dio

La disponibilità ad essere coinvolti e non distaccati

Il coraggio di rompere gli schemi e i programmi

La prontezza a donare sempre il pane del tempo, dell’ascolto, dell’altruismo, della generosità, dell’amore.

 

Ci faccia riflettere questo brano che parla di fraternità universale.

Gesù ha dato da mangiare a tutti: piccoli, grandi, santi, peccatori, discepoli e non…,a tutti, non ha chiesto nulla…soltanto la collaborazione dei suoi… ha dato e basta.

Io cosa sono disposto a donare?

 

Facciamo nostre il codice della fraternità...

Maria Francesca Ragusa