Basta un poco di zucchero...

Uno dei film più belli che adoro rivedere, ed ogni volta mi piace sempre di più, è legato ad un ritornello simpatico che si apre con basta un poco di zucchero….

A parte le calorie, che ormai, a questo punto della mia vita, sono diventate parenti acquisite, pensando a ritroso alla mia “idea” di vita familiare ed alla vita vera che sperimento tutti i giorni, mi domando quanto sia stato importante addolcire le spigolosità e, sopratutto, a quale zuccherificio speciale io abbia avuto la grazia di poter attingere.

Da sola, infatti, come avrei mai potuto arrivare fin qui? Certo, io non sono proprio un angioletto, e questo il Signore lo sa bene, visto che per la mia espiazione mi ha piazzato sulla strada Luca ed, a seguire, le nostre due campionesse di contraddizioni.Chissà, poi, perché Lui ha deciso per due? Cioè, Lo ringrazio perché me le ha donate e, conoscendole, solo a me le poteva regalare due tipe così, perché quando andremo tutti insieme alla Neuro almeno ci faranno lo sconto famiglia!

Eppure, più ci penso e più mi domando, cosa ci sia dietro questo dono, che progetto il Signore ha voluto affidare da realizzare a me e Luca? E noi lo stiamo facendo? Stiamo almeno cercando di farlo fruttare al meglio? Lo stiamo zuccherando al punto giusto, evitando carie ma anche acidità?

Quando mi capita di confrontarmi con altri genitori, soprattutto in ambito scolastico, sarei propensa a rispondere negativamente, anzi, devo dire che mi sento un pò l’E.T della situazione, perché fra gare per chi ha il figlio che conosce più lingue, pratica più sport, è più alto, più bello, più più….io  penso alle mie due sventurate creature, a cui è toccata una madre chioccia poco ambiziosa, la cui gioia più grande rimane quella di spegnere la luce della loro cameretta la sera e sentire i loro respiri regolari.

Delle volte mi domando se Lui, quando me le ha affidate, si aspettava da me qualcosa di più che non comprendo. Se non parleranno correttamente quattro lingue andrò all’Inferno? Spero di no. D’altronde se non proprio Lui, ma l’amico suo, San Paolo, ai Corinzi non scriveva: “se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli ma non avessi l’amore sarei come un bronzo che risuona…? Il se indica il condizionale, per cui non è un obbligo.

Quindi, anche se, non nego di essere caduta talvolta nella facile tentazione di stracaricarle di aspettative, ottenendo, alla fine, ragazze sempre più fragili, sempre più insicure, sempre più incerte su tutto (tranne che su poche cose, tipo i jeans strappati, perché su quello la loro sicurezza va oltre la mia resistenza fisica!), quello che davvero sento di desiderare di più per loro sia cercare almeno di preservarle e tenerle salde in quello che di più Forte possa esserci. E cosa se non l’Amore? E non l’amore alla Federico Moccia, che tanto piace alle adolescenti, ma l’Amore alla Gesù Cristo….che ti fa resuscitare!

Voglio provare a capovolgere, nella nostra piccola famiglia, il sistema verso cui rema tutto intorno e partire da quello che le nostre figlie si aspettano da noi, i punti semmai di forza per cui quasi quasi vorrebbero assomigliarci (a questa domanda già lo so Giulia e Chiara correranno inorridite a specchiarsi…), provando a camminare insieme in una stessa Direzione.

Ovviamente mi auguro, per loro, che trovino un posticino del mondo, dove realizzare appieno il progetto di vita che hanno ricevuto in dono, ma proprio perché credo che questo pezzetto non sia tutta la loro vita, mi preme provare a posizionarle nella giusta prospettiva, e non, banalmente, sul Via del Monopoli per sperare che arrivino a Piazza della Vittoria e magari ci costruiscano pure sopra qualche albergo!

Alimentare le mie e loro aspettative solo di successi personali, infatti, ci chiuderebbe in un vortice da cui, una volta entrati, uscirne diventerebbe difficilissimo, mentre quello che conta, quello che davvero può fare la differenza,  è continuare ad affidarle a Mani più forti delle mie, mani salde che sanno tenerle quando cadono, sanno abbracciarle quando hanno paura, sanno, persino, pazientemente, incrociarsi ed aspettare quando si fermano.

Se, quindi, devo prendermi un impegno vero per loro, da madre sento che non ci sarebbe per me gioia maggiore di vedere nei loro occhi realizzato il progetto di Dio, la ricerca dell’Infinito che appaga, la Speranza di quell’Oltre che, ancora talvolta mi sfugge, ma so che c’è ed è lì pronto a fare il tifo per tutti noi.

Se hanno, avranno talenti, ben venga che possano usarli, ma con il cuore prima che con il cervello, perché avere un bene e non condividerlo è fare indigestione di caramelle andate a male ed io, per loro, non mi auguro che mangino cioccolato scaduto come le uova di Pasqua dell’anno prima.

D’altronde, Chi me le ha donate, ed affidate per questo tratto di strada, non ha mai tenuto nascosto quale tesoro desidera per tutti noi.

Certo, riuscire in questo non è uno scherzo, arriva il momento della ribellione, in cui tutto intorno spinge a non riconoscere un Dio che non puoi vedere (che poi l’ossigeno si vede? eppure senza si muore e nessuno vuole perderlo….) ma, perdindirindina, se devo fare il genitore, visto che peraltro me lo sono scelto io, che almeno possa essere, se non proprio un faro, la lucina da tenere accesa durante la notte, in extremis mi vanno bene anche le stelline fluorescienti che si attaccano sui soffitti delle camere dei bambini.

Capita anche a me, qualche volta, di essere talmente presa dal vortice da investire troppe aspettative su di loro, caricandole di ansia, ma alla fine  comprendo quanto il loro Bene sia, per me, prezioso, al di là di ogni possibile e desiderato successo e risultato, purché possano viverlo nella pienezza e nella gioia di sentirsi figlie di Dio e, come tali, amate.

In un mondo in cui tutti vogliono, vogliamo, vincere, che poi cosa non importa, l’importante è vincere, arrivare primi, o quantomeno piazzarsi bene, io mi auguro che loro possano sperimentare anche la possibilità di perdere.

Perché perdere, per amore, non è perdere come lo intendiamo noi umani versione limitata e la famiglia è il primo terreno di gioco dove lo possiamo sperimentare.

Perdere delle volte può significare dare a qualcun altro la gioia di sentirsi amato, vuol dire non regalare quello che si può comprare ma solo quello che si possiede, a partire da parole di incoraggiamento, abbracci (sì, lo so, sugli abbracci ci torno spesso, ma sono il mio punto debole), tempo, attenzioni….

Non so ancora se, come genitore, io sia un’ aliena o meno, ma sicuramente un po' aliena lo sono nella misura in cui non mi interessa davvero che Giuia e Chiara possano diventare manager, astronaute o Presidenti della Repubblica, anzi, a dire il vero, prego con tutta me stessa che questo non accada!

Aliena perché non credo serva raggiungere posti di potere per essere qualcuno, anzi, semmai è l’opposto. Avere potere, avere denaro, avere la responsabilità di decidere per altri (che poi se già sono due minorenni è un’impresa figuriamoci una grande azienda o uno Stato!), significa dover spendere fruttuosamente questa possibilità, e quindi è davvero, per dirla in soldoni, una bella gatta da pelare!

I nostri figli, se ci facciamo guidare da quelle due/tre cose fondamentali che contano, hanno infondo bisogno davvero di poco (anche se loro sono convinte che senza l’ultimo Iphone non è vita…).

Hanno bisogno di essere tenute per mano fino a che non riescono a camminare da sole, ma sulla strada che le conduca alla Meta e non lasciate a Fiumicino in attesa del primo aereo che decolli per un last minute.

Se quando abbiamo desiderato diventare genitori, avessimo avuto davanti la prospettiva del “dopo”, sono sicura che ci sarebbe venuto un attacco di panico, per questo il Buon Dio ci ha dato una mano, ci ha affidato queste creature con la fiducia che potessimo farcela e con la garanzia che Lui c’è sempre.

Non ci ha detto dove mandarle a scuola, né quale professione sia la migliore per trovare lavoro (e meno male!), ma ci ha incaricato solo di amarle, nella loro unicità, nella loro esclusività e persino nella loro adolescenza, regalandoci quintalate di zucchero per addolcirci il compito!

 

Elisabetta Mariotti