Il valore di un'amicizia

Un amico è come l’aria: la usi, ne godi, ma ne avverti l’importanza solo quando ti viene a mancare. Ho compreso questo soprattutto nel caso di don Teodoro. Più grande di me di parecchi anni, uomo ecclesialmente affermato dinanzi a me ancora giovane e immerso nei miei studi di diritto, pieno di esperienza pastorale ma di una estrema semplicità, ha inciso profondamente nella mia vita apostolica.

Venuto come un piccolo implume nella parrocchia della Madonna dei Monti, trovai nella vicinanza di don Teodoro la mia più profonda vocazione di confessore e direttore spirituale.

Abitava a Monteverde ed era impiegato presso la Sacra Congregazione per i Sacramenti. Eppure ogni mattina, prima di andare in ufficio, veniva nella nostra parrocchia, celebrava la Santa Messa e poi, diritto in confessionale, pronto a scappare via dopo un’oretta per giungere in tempo al suo tavolo di lavoro.

 

Lo rivedevo, poi, ogni mercoledì e ogni sabato dalle 16 alle 21 e la domenica mattina dalle 8 alle 12, sempre seduto in confessionale. Se lo faceva lui, perché non avrei potuto farlo anch’io? E fu così che ebbe inizio il mio apostolato nel confessionale che, nella mia vita, ha avuto una parte preponderante.

 

 Un giorno però, e don Teodoro era ancora relativamente giovane, mentre si trovava in sacrestia, avvertì un dolore lancinante al petto e stramazzò per terra. Portato subito all’ospedale, i medici riscontrarono un  infarto grave che, dopo non molto, lo portò all’eternità. Avevo trovato un  protettore in cielo, ma in terra avevo perduto un amico.

 

Parlavamo a lungo insieme, ci scambiavamo le idee; era dolce e rasserenante passeggiare lentamente la domenica, dopo pranzo, lungo Via dei Fori Imperiali. Ormai era tutto finito e quell’amico io al mio fianco non l’avevo più. Ma quei ricordi e la dolcezza dell’amicizia non li ho mai dimenticati.

 

Quanto è bello per un sacerdote avere un amico, o anche più, con cui condividere serenamente tutti i problemi della propria vita. Tempo sprecato? No. Purtroppo spesso ci lasciamo schiacciare dal troppo lavoro rimanendo, stanchi ed isolati, nella illusione di aver fatto tante cose, senza avvertire il nostro graduale impoverimento interiore.

 

Come mai questo? Forse noi preti, e non solo i preti, non siamo stati abituati al valore di una sana e corroborante amicizia. Non c’è dubbio che anche per noi vale il vecchio proverbio: “Chi trova un amico trova un tesoro” (Sir 6, 14). 

 

 

               da “Il Massimalismo”, n. 23, maggio-giugno 1991