Un ricordo... e la certezza delle radici

Sono nato in una cittadina della Sicilia, a Noto, 75 anni fa, e sono venuto a Roma quando ero ancora bambino: avevo dieci anni; dopo qualche anno sono entrato in Seminario.

 

Mi sono sentito talmente romano (facevo anche le poesie in romanesco), che gustavo la gioia di non essere più tornato in Sicilia; fatto strano, direi superbia infantile o giovanile! E’ durata fino al 1950 questa mia “romanità”, per cui non avevo più avuto contatti con la Sicilia; poi, nel ’51 mi sembra, sono dovuto tornarvi per una causa matrimoniale (a quel tempo ero ufficiale del Tribunale matrimoniale del Vicariato). 

Avevo da poco iniziato il lavoro delle Oblate e del Movimento e lì ebbi occasione di parlarne,  e allora la mia integrità, la mia purezza romana fu un po’ scalfita. Ma interiormente mi sentivo ancora romano, e fino all’89 – anche se per circostanze varie sono tornato un paio di volte nella mia cittadina natia, a Noto – me ne sentivo estraneo, senza una particolare attrazione.

 

Un fatto nuovo, per me inspiegabile, è avvenuto l’8 maggio di quest’anno. Sono tornato, dopo 7 o 8 anni, a Catania, e lì ho sentito il bisogno, il desiderio di rivedere la mia cittadina; non mi era mai successo, e così sono andato a Noto. Ho visto parecchie cose: ricordavo poco, molto mi è tornato alla mente; e lì è avvenuto qualcosa di particolare. Ho capito il significato del mio compleanno e del mio onomastico, che rappresentano due momenti coessenziali dell’amore di Dio.

 

Tornare lì è stato per me avere l’esperienza di questo duplice dono naturale e soprannaturale di Dio, per cui ho sentito che quel  25 giugno di 75 anni fa, come di ogni anno della mia vita, doveva essere la giornata del ringraziamento. Piccolo particolare: quando si pensa all’onomastico si pensa al santo, non si riflette che il nome del santo viene dato nel giorno in cui si riceve il battesimo; non si riflette che è una doppia festa, quella della nascita naturale e della nascita soprannaturale.

 

Non posso non ringraziare il Signore per il fatto che dall’eternità mi ha voluto come sua creatura, con il dono naturale della vita che mi ha schiuso alla meravigliosa relazione con il Padre, con il Figlio e con lo Spirito. Da quel momento, in quell’ambiente – perché là sono nato, là sono stato battezzato – su una realtà puramente naturale si è impresso il sigillo della Trinità, per cui oggi posso dire, rispondendo alla domanda di Gesù ai suoi apostoli: “Chi dicono che io sia?” (e quello che io dico per me evidentemente vale per ciascuno di noi, per tutti): io sono un segnato dall’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Qui, oltre alla gioia che nasce da questa visione cristiana, dalla scoperta del mio essere, nasce una riflessione responsabile, di questo progetto di Dio. E allora è logico che, nel giorno di ringraziamento, io elevi la mia preghiera al Signore.

 

Grazie Signore per il mio compleanno, perché mi hai voluto alla vita, perché mi hai voluto lungo tutti questi anni, momento dopo momento, per attuare anche umanamente il tuo progetto. Grazie soprattutto per i doni soprannaturali, per il dono dell’amore al Padre, per il dono di essere il dispensatore dello Spirito.  Signore, Dio della dolcezza, nel tuo giudizio verso di me e verso tutti, sii dolce e mite e donaci la forza di saper corrispondere al dono degli anni e al dono della grazia.

 

 

                                                           Da “Il Massimalismo”, n. 13, settembre-ottobre 1989