Giornata della Santificazione Universale: una testimonianza e un augurio

È stato necessario impiegare del tempo e una buona dose di volontà prima di iniziare a comprendere la dirompente portata del messaggio della Giornata della Santificazione Universale; sarà perché mi chiedevo a cosa pensava il giovane don Guglielmo quando, sessanta anni fa (la Giornata fu celebrata per la prima volta a Roma nel 1957), nella sua mente e soprattutto nel suo cuore prendeva forma l’idea della GSU.

Per anni ho cercato di comprendere il vero messaggio che sottostava una simile intuizione. Poi ho smesso, ho iniziato a godermi la festa, a fare gli auguri ai miei amici del Movimento Pro Sanctitate e a tutti gli altri, a vivere anche l’attesa di quel periodo quasi come i giorni della Settimana Santa e della Pasqua.

Il tempo mi ha aiutato in una chiave di lettura che prima non mi ero dato; tutto mi sembrava centrato sulla parola Santità, in fondo il mio Padre Fondatore, da vero profeta quale era, aveva colto ben prima degli altri la vera vocazione dell’uomo, e in fondo, la Chiesa aveva accolto questa verità con il Concilio Vaticano II sancendola poi nell’Enciclica Lumen Gentium.

La vera scoperta per me è stata la parola “universale”. Il ragionamento è partito più o meno così: “allora io sono chiamato ad essere santo perché il mio Dio è Santo e poiché io sono stato creato ad immagine e somiglianza del mio Dio anch’io sono santo, e come me lo sono i miei fratelli. Ma quali? Tutti! Come tutti? Certo tutti! Ma anche … tutti quando dico tutti sono proprio tutti, senza distinzione di razza, sesso, religione, appartenenza, coscienza”. Ero già contento così, “universale” voleva dire questo. Tutti. Allora perché questo ronzio, questo continuo interrogarmi e cercare, cercare …

Un giorno banalmente ho compreso che io non avrei voluto essere santo da solo, sarebbe stato magnifico tendere alla santità con mia moglie, mio figlio, i miei amici, conoscenti, più ne eravamo meglio mi sentivo, più forza avevo di sognare, di tentare, una sorta di adesione collettiva a Cristo!

Ecco allora che nella mia esperienza di responsabilità nel Movimento Pro Sanctitate, aveva senso parlare di momento culturale della GSU, aveva senso celebrare la GSU, farsi gli auguri, pensare ad una ascesi di vita, darsi un obiettivo all’apparenza folle, ma umanamente concreto.

L’universalità prendeva la forma del ritorno alla casa delle creature al Creatore, la simbiosi tra loro, l’indissolubilità e l’ineluttabilità dell’avvenire. Tra alti e bassi, da allora, ogni volta che si avvicina la GSU mi sembra di avere una nuova chance di riprendere il cammino, e l’idea che mi porto dietro dell’essere tutti proiettati verso un unico Padre, mi regala sempre nuovo vigore.

La nuova sfida, per noi del Movimento Pro Sanctitate, è l’internazionalità come espressione dell’universalità del disegno di Dio per l’umanità, perché crediamo che Dio è all’opera ovunque e il suo Spirito non è chiuso nella storia e negli schemi di una sola religione.

Non possiamo rimanere indifferenti ai cambiamenti culturali, alla globalizzazione, alle grandi ondate di migrazione tra i popoli, al carattere multiculturale delle nostre città, alla perdita di identità di molti. Questi sono i nostri tempi, che richiedono nuove visioni e nuovo impegno.

È probabile che dobbiamo ancora scoprire il significato pieno che padre Guglielmo intendesse dare alla GSU. Ma poi in fondo è così importante saperlo? O forse non è più giusto ringraziarlo per il dono che ci ha fatto?

Il BENE non ha bisogno di tante declinazioni. Auguri di cuore a tutti.

 

 

Vincenzo Florindi

 

fonte: aggancio.it