Iperconnessi e bisognosi di legami

Siamo tutti sempre piu’ “calamitati” dalla consultazione del nostro smartphone o tablet, è innegabile.

La digitalizzazione globale e la “virtualizzazione” dell’esistenza stanno comportando una trasformazione antropologica molto rapida, non solo tra gli adulti che hanno visto compiersi una vera e propria evoluzione dal mondo reale al mondo virtuale, ma anche, e principalmente, tra gli adolescenti che sono nati già nella realtà “digitalizzata”.

Uno studio condotto dal dottor Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Milano, riportato sulla rivista Aggiornamenti Sociali, analizza la modalità in cui possono convivere le relazioni “reali” e quelle “virtuali”, focalizzando l’attenzione sui teen-agers.

L’esigenza tipica dell’adolescenza di nuovi contatti e relazioni attraverso i quali ‘sganciarsi’ dai legami protettivi offerti in famiglia, si esprime oggi anche attraverso i nuovi strumenti, i social network, sempre a portata di mano grazie agli smartphone.

L’analisi della Società Italiana di Pediatria (SIP) ha evidenziato come già nel 2014 l’81% degli adolescenti aveva un proprio account su WhatsApp, il 42% era membro attivo di Instagram e il 30% dei ragazzi e il 37% delle ragazze risultava iscritto ad ‘Ask’, un social network che permette di comunicare mantenendo l’anonimato.

A parte alcune insidie ed aspetti oggettivamente negativi (vedi il ‘cyberbullismo’ e il ‘sexting’), il rischio di crescere socializzando intensamente nel mondo on line a discapito del mondo reale comporta una progressiva incapacità di apprendere e strutturare competenze che servono per tutta la vita.  

Sappiamo che nel nostro cervello esiste una parte emotiva e una parte cognitiva; il cervello emotivo ci mette in grado di sentire il dolore e il piacere, la gioia e la tristezza, la rabbia e la paura.

La parte cognitiva del cervello, definita come ‘corteccia prefrontale’, regola anche i processi di socializzazione, matura più lentamente nel corso dell’età evolutiva e permette di sostenere la fatica, la frustrazione, di rimandare la gratificazione e il piacere, di comprendere che certe cose, anche se molto attraenti nel “qui ed ora”, potrebbero rivelarsi un boomerang nel futuro.

Nell’adolescente la spinta emotiva porta a nuovi incontri ma allo stesso tempo il cervello cognitivo viene allenato a cercare, nell’incontro con l’altro, non solo la soddisfazione del proprio piacere e dei propri bisogni, ma anche la “sintonizzazione” intima e profonda, la capacità di negoziare le proprie istanze adattandosi anche a quelle di chi ci vive a fianco.

E’ l’esperienza dell’amico del cuore che permette, nella vita reale, di acquisire le competenze pre-sociali; attraverso la competenza e la sicurezza acquisite all’interno del legame amicale l’adolescente può aprirsi alla dimensione del gruppo.

Lo stare poi in gruppo permetterà di esplorare nuovi luoghi e relazioni, di avventurarsi in nuove esperienze e di mettersi alla prova con nuove sfide.

Nella relazione virtuale manca proprio lo sforzo del cervello “cognitivo”: il mondo on line è una dimensione di socializzazione dove non si rischia niente, dove si può fingere di essere tutto e il contrario di tutto, senza dover sostenere la sfida e il confronto.

Nel web l’interazione comincia con un click e con lo stesso click si può spegnere e fermare tutto quando la richiesta dell’altro si presenta troppo impegnativa.

La socializzazione veloce non comporta un reale incontro e confronto con l’altro ma semplicemente la creazione di un contatto, un filo leggero che può essere spezzato alla prima frustrazione.

Proprio la mancata assunzione del rischio di fallimento impedisce all’adolescente di crescere. 

Oggi gli studi sviluppati in ambito neuro-scientifico e i risultati delle ricerche sull’impatto che la vita on line dei minori ha sulla loro vita reale, ci permettono di riflettere meglio sulle sfide educative che si dovranno affrontare.

Un genitore e un educatore devono approfondire le competenze digitali per ridurre il ‘digital gap’ che spesso diventa causa anche di distanza educativa con le nuove generazioni.

Dobbiamo cercare di non perdere tutto il buono che le tecnologie portano con sé nella nostra vita limitando, però, gli effetti indesiderati e collaterali.

Sicuramente la velocità con cui è avvenuta la rivoluzione digitale nelle nostre vite ci ha colto in contropiede e nello stesso tempo ha impattato in modo intenso e veloce sulla crescita dei giovanissimi, lasciandoci sguarniti e inconsapevoli dei cambiamenti in atto.

 

Occorre guardare al futuro senza farsi prendere né dall’entusiasmo né dalla paura, convinti che l’energia e la speranza che connotano l’adolescenza sono due dimensioni di cui il mondo ha bisogno, oggi più che mai.  

 

Franco Contino