Lettera ai giovani

Carissimi ragazzi del Movimento Pro Sanctitate,

 

in occasione del Sinodo dei Vescovi a voi dedicato sul tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale» in questo intenso ottobre 2018, vi scrivo con grande gioia e inizio questo mio saluto con le parole importanti rivolte da Papa Francesco a Vilnius, in Lituania, nel settembre scorso a giovani come voi. Le parole del Papa evocano la morsa nella quale il nostro tempo ci stringe: la vita come una performance rispetto alla quale o sei adatto o sei “fuori” come in molta televisione viene ripetuto.

Sentite il Papa:  

«Se la vita fosse un’opera di teatro o un videogioco sarebbe ristretta in un tempo preciso, un inizio e una fine, quando si abbassa il sipario o qualcuno vince la partita.

Ma la vita si misura con altri tempi, non con i tempi del teatro e del videogioco: la vita si gioca in tempi rapportati al cuore di Dio. A volte si avanza, altre volte si retrocede, si provano e si tentano strade, si cambiano… 

L’indecisione sembra nascere dalla paura che cali il sipario, o che il cronometro ci lasci fuori dalla partita, dal salire di un livello nel gioco. Invece la vita è sempre un camminare: la vita è in cammino, non è ferma, è sempre un camminare cercando la direzione giusta, senza paura di tornare indietro se ho sbagliato».

Vorrei leggerle così queste parole: dobbiamo cambiare le cose, non lasciare che altri le cambino per noi, possiamo partire riconoscendo che la nostra vita è un’enorme ricchezza di per sé, dobbiamo assecondare e focalizzare il desiderio che la ricerca della fede scava in noi lasciando sentire il nostro grido nelle comunità di cui facciamo parte e facendolo arrivare dentro la Chiesa, ai pastori che ci guidano.

Dobbiamo dire che desideriamo una Chiesa autentica, una comunità ecclesiale trasparente, accogliente, onesta, accessibile, gioiosa, tutti aggettivi che vogliamo riguardino anche noi che contribuiamo a costruirla. Una Chiesa dove tutti si sentano a casa e sentano quella “gioia” potente che nessuno più sarà in grado di far dimenticare.

Nei nostri pensieri sono anche i giovani che vivono in regioni del mondo instabili e vulnerabili e sperano e attendono azioni concrete da parte dei governi e della società e non ultima dalla Chiesa stessa. Giovani che desiderano finiscano conflitti e corruzione, diseguaglianze sociali e insicurezza. Giovani che si devono preoccupare della loro sopravvivenza e non della loro immagine, diversamente da noi.  

Non dobbiamo avere paura mai, anche per loro. Non dobbiamo temere, con fiducia possiamo “prendere il largo”, sollevarci dai dettagli delle nostre individualità e guardare in alto e lontano.   

Io sono qui, nella mia casa, nell’altra stanza ci sono i miei figli, mio marito è fuori in bicicletta con i suoi amici, io sono con il mio portatile a scrivervi, in realtà sono seduta ancora là.

Sono seduta insieme a migliaia di giovani nel cuore dell’Europa, nella patria della laicità, nella Francia che nel tempo ha visto crescere forze e voci decisamente anticlericali pur al servizio dei valori di libertà, fraternità e uguaglianza. 

È il 1997, ho 26 anni e sono una di quelli della generazione “GMG Parigi 1997”. 

«Quando si ha a che fare con Lui - disse Giovanni Paolo II, S. Giovanni Paolo II - la domanda viene sempre capovolta: da interroganti si diventa interrogati, da cercatori ci si scopre «cercati»; è Lui che da sempre ci ama per primo».

Questa è la dimensione dell’incontro con Gesù: non si ha a che fare con qualcosa, ma con Qualcuno. I cristiani non sono discepoli di un sistema filosofico: sono gli uomini e le donne che hanno fatto, nella fede, l’esperienza dell’incontro con Cristo.

È Gesù che prende l’iniziativa, è Lui che ci cerca e ci invita “Venite e vedrete”.  E la santità è il cammino che vogliamo fare come cristiani, è la nostra chiamata, l’identità che cerchiamo.

Veniva da lontano la mia esperienza di fede in quell’estate del 1997, veniva da un’educazione cattolica ricevuta con gioia e profondamente vissuta negli anni dell’infanzia e delle scuole elementari, e poi negli anni dell’adolescenza quando avevo incontrato in parrocchia il Movimento Pro Sanctitate di cui oggi, ancora mi chiedo come sia successo, sono il direttore nazionale per l’Italia.

Era avvenuto questo incontro tra Gesù e una personalità come la mia molto restia all’identificazione con quello che fanno tutti, con il si è sempre fatto così, anzi direi che avendo una vera e propria allergia esplicitata verso gli atteggiamenti di massa, l’esperienza dell’incontro con la fede a 16 anni aveva avuto i contorni di un’esplosione e di un sacco di cose di cui occuparsi.

Quando puoi scegliere la strada che è lì per essere percorsa, quando ci sono le energie e le forze per farlo, quando c’è la leggerezza degli anni meravigliosi e intensi dell’adolescenza, quando ci sono i primi amori e i primi dolori, le scelte nella scuola, la musica sempre on air, i dieci vestiti che provi per poi lasciarli al loro posto e uscire con jeans e t-shirt, quando ci sono le amiche del cuore, e arriva la luce dell’incontro con Gesù, tutto sembra prendere una piega diversa. C’è il mondo fuori che ti riguarda, c’è il povero nella strada che ti riguarda, c’è una difficoltà nell’amicizia che ti riguarda, c’è chi piange e ti riguarda, c’è il Movimento Pro Sanctitate che è casa, gioia, vita. C’è un posto nella Chiesa che è proprio tuo.   

Piuttosto di essere una persona normale, pensavo in quegli anni, era meglio cercare di essere una persona felice. La normalità avrebbe avuto ampi spazi per riprendermi.

Spero che il Movimento Pro Sanctitate possa essere per le vostre vite quella comunità nella Chiesa che incoraggia, accompagna, accudisce, insegna il servizio, il bene e impegna nel servizio e traduce la chiamata alla santità, questa parola così alta e incompresa, qualche volta sentita come lontana, in realtà concreta e viva. 

Il Movimento aspetta il vostro contributo sempre e verrà edificato nel tempo anche e soprattutto grazie alle vostre energie.

La legge di Gesù che ha disarmato i violenti e restituito il proprio posto ai deboli e ai più piccoli, ci aiuta a vedere meglio il percorso. Non abbiamo alcun tipo di assicurazione rispetto agli eventi difficili e imprevisti, anzi ne capiteranno diversi e dolorosi ma ci aggrapperemo alla fede e al sostegno che Dio non ci farà mancare.

Chi ama, non fa calcoli, diceva il nostro Fondatore, il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta di cui vi invito a leggere uno dopo l’altro gli scritti, l’amore non ricerca vantaggi, agisce gratuitamente. Facciamo come Gesù: non teniamo nulla per noi.

 

A Parigi, in quel lontano 1997, rivolsero al Papa questa domanda: «Santità, lei si sente giovane?». Giovanni Paolo II rispose con la sua solita pronta ironia: «Come vede».

E infatti lo videro tutti il giovane­ vecchio Papa mentre prendeva per mano ragazzi neri, asiatici, europei e americani e li conduceva sulla spianata del Trocadero verso la prospettiva dominata dalla Tour Eiffel e dal suo gigantesco calendario elet­tronico che in quel momento segnava “meno 863 giorni al 2000”.

 

Vi abbraccio.

 

Nicoletta Sechi