La capacità di scegliere la vita

Baden Powell sosteneva che «nessun insegnamento vale quanto l’esempio», e rileggendo le parole del Papa al Campus Misericordiae a Cracovia questo motto scout calza alla perfezione. I discorsi sui «giovani» sono tanti e se ne sentono ovunque. Sebbene sia normale e in parte giustificabile identificare i ragazzi di una certa fascia d’età nella parola ‘giovani’, spesso e volentieri questo significa ridurre ogni ragazzo o ragazza ad un puntino nero in un quadro colorato, una goccia dell’oceano, che per quanto indispensabile viene annullata dall’impossibilità di esprimere se stesso.

Penso, che prima di proiettare un ragazzo sul «futuro del nostro paese», con frasi tipo «voi siete il nostro domani! Il futuro è nelle vostre mani», bisognerebbe infondere in quel ragazzo la capacità di scegliere la vita. Mi spiego. I discorsi lungimiranti hanno senso ed effetto solo se i ragazzi hanno già compreso quanto la loro vita sia unica, indispensabile e quanto un intero oceano senza la sua gocciolina valga meno.

Il Papa ha detto che si diventa maturi quando si accettano i propri limiti.. allora che peso ha l’età di una persona? Quanti adulti possono dire di non essere ancora usciti dalla giovinezza? Ogni ragazzo deve poter essere indirizzato, guidato e supportato verso la consapevole scelta di essere adulti; perché stando alle parole del Papa ‘grande’ non vuol dire maturo e adulto non significa ‘completo’. In una società in cui le regole non scritte diventano legge imposta un giovane vede limitate le proprie possibilità di scelta. Eppure se ci pensiamo la vita è tutta una scelta. L’essenza della libertà che ci è stata donata è proprio questa, scegliere che dire, come agire, chi essere ma l’unica risposta che distingue il cristiano da colui che non lo è, è il perché scegliamo di fare, essere e dire. Ciò che rende un ragazzo diverso dagli altri, quindi, è la capacità di piantare i piedi contro la corrente sociale e urlare il suo ‘si’ sicuro alla vita.

 

Sapete bene che spesso gli adulti ricordano la gioventù come un periodo spensierato. Ecco, io oggi sono qui per sfatare questo mito. Giovane non significa spensierato, leggero o inconsapevole. Tutt’altro, la giovinezza è il periodo in cui le domande esistenziali si impossessano di te, e devi avere la forza e il coraggio di entrare nel tuo guscio, analizzarti, criticarti, migliorarti, soffrire, scegliere cosa fare della tua vita, ascoltare le opinioni degli altri ma senza lasciare che queste sovrastino la tua, sennò altro che protagonista, diventeremmo solo una comparsa nel film che porta il nostro nome.

Ho solo 18 anni e sono figlia di una solida formazione scout grazie alla quale ho avuto tante volte la possibilità di mettermi in gioco, scoprirmi e migliorare. Tante volte è bello, ma tante altre non lo è. Lungo il periodo adolescenziale ci si ritrova in guerra tante volte, con i genitori, gli amici e con se stessi. Alle fine di ogni battaglia ti sfiora il pensiero di aver perso tempo o fiato (si sa che gli adolescenti sono un po’ testardi). Più volte mi sono ritrovata ad affrontare, in ambito scolastico, discorsi moralistici (?) che riguardavano tante di quelle dinamiche sociali di cui spesso sentiamo parlare. Temi come la conciliazione fra scienza e fede, l’aborto, le adozioni fra partner dello stesso sesso e tanti altri come questi sono questioni delicate da affrontare e in una discussione di questa portata è facile essere etichettata (come è successo a me) con aggettivi come omofoba, ottusa… . Durante il liceo ho portato avanti vari temi di questo tipo e gli scontri sono stati inevitabili, tant’è vero che spesso mi dico di aver «sprecato» un sacco di energie con gente che non la penserà mai come me e che rimarrà sempre su una sponda opposta alla mia. A questo proposito ritornano in mente le parole del Vangelo di Matteo. Io ho seminato e seppur quel seme non ha portato frutti immediati ciò non significa che non li porterà mai; voglio dire, quante volte sono stata una figlia diversa da quella che mia madre si aspettava? E quante volte le mie scelte non combaciavano con la mia educazione? bhè.. tante, veramente tante! Eppure ad oggi posso dire che dagli errori veramente si impara e che la perseveranza e l’amore di chi ci circonda rappresentano il binomio perfetto.

 

Un altro esempio possono essere le lezioni di catechismo: quanti di voi ricordano quegli incontri? E quanti li ricordano noiosissimi? Io sì! E ricordo di essermela data a gambe non appena ho potuto, ma ancora una volta, con il senno di poi, in quegli anni qualcosa è stato seminato, le mie orecchie sono state abituate a sentir parlare di Gesù, la mia testa a pensare un po’ più in alto e i miei occhi a scrutare l’orizzonte in profondità.

Tutto ciò, per dire che i ragazzi diventano ‘divano-dipendenti’ quando niente e nessuno scuote le loro vite. Al contrario un ragazzo stimolato e incuriosito avrà sempre voglia di camminare, di andare avanti e mai indietro, di chiedersi e mai affermare con presunzione.

A voi adulti non rimane quindi che riflettere sull’importanza del ruolo delle figure educative che ogni ragazzo ha e deve avere, sulla capacità di queste di guidare e non spingere il giovane nella direzione desiderata ma in quella giusta per lui e soprattutto armatevi di santa pazienza perché non siamo ‘nati imparati’ e sbaglieremo tante e tante volte. Ai miei coetanei e a me stessa in primis suggerisco, invece, di imparare a guardarci dentro, a non sentirci mai arrivati, di riuscire a toccare il fondo solo per prendere la spinta verso l’alto, ad amare le cose semplici, di quelle che veramente ci fanno esplodere il cuore d’amore e per cui sentiamo di dover ringraziare il Signore e come dice una frase di quelle social «impariamo ad amare le cose luminose, non quelle illuminate».

 

 

Sophia Mammetti

 

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