Imparare a scommettere sui giovani

Si è concluso con la Santa Messa di domenica 28 ottobre il Sinodo dei Vescovi sui giovani. Nel suo discorso Papa Francesco ha ricordato come il documento conclusivo sia frutto dell'intercessione dello Spirito Santo e che, in quanto tale, deve essere tenuto ben presente da tutta la Chiesa come riferimento e supporto per i prossimi passi che la Chiesa stessa sarà chiamata a muovere.

Se l'Instrumentum laboris è il quadro di riferimento unitario emerso dopo due anni di ascolto, il documento finale è il risultato del discernimento e delle tematiche su cui i Padri sinodali si sono concentrati.

Proviamo a ripercorrere i punti salienti della discussione:

1.     Sin dall’inizio si è discusso il ruolo delle donne, proponendo una maggiore inclusione che si espliciti nel dare possibilità di voto anche al genere femminile a partire dal prossimo Sinodo; spesso infatti le donne svolgono un ruolo importante nelle comunità ma non si vedono coinvolte nei processi decisionali.

2.     Si è poi ipotizzata la nascita di un Pontificio Consiglio per i Giovani; lo scopo, infatti, è quello di incentivare un impegno maggiore della Chiesa nei confronti dei più giovani fornendo loro la concretezza e la guida necessaria nella quotidianità. «I giovani sono portatori di un’inquietudine che va prima di tutto accolta, rispettata e accompagnata, scommettendo con convinzione sulla loro libertà e responsabilità. La Chiesa sa per esperienza che il loro contributo è fondamentale per il suo rinnovamento» (cf. Documento finale del Sinodo dei Vescovi, 66).

3.     Un altro argomento importante ha riguardato il rapporto tra la Chiesa e il mondo digitale; i social networks infatti possono rappresentare un terreno fertile per la comunicazione e l’evangelizzazione. Nonostante la rete si presenti anche come luogo di solitudine, manipolazione e violenza, è ormai ben chiaro che «l’ambiente digitale non è un mondo parallelo o puramente virtuale, ma è parte della realtà quotidiana di molte persone, specialmente dei più giovani», come già affermato anche da Benedetto XVI durante la XLVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

4.     La Chiesa deve poi essere più presente nella vita delle famiglie e nell’educazione dei bambini. Si è così ipotizzato di creare gruppi che accompagnino anche le coppie già sposate e non solo quelle che si preparano al matrimonio. In ciò rientra anche l'accompagnamento ai giovani nel loro diventare adulti, nel compiere scelte e nel pensare la propria vita nell'orizzonte della missione e, quindi, del dono di sé.

5.     La ricerca della vocazione è stato un altro argomento ampiamente affrontato anche con testimonianze che hanno permesso di cogliere i tratti fondamentali del discernimento: «l’ascolto e il riconoscimento dell’iniziativa divina, un’esperienza personale, una comprensione progressiva, un accompagnamento paziente e rispettoso del mistero in atto, una destinazione comunitaria» (cf. Documento finale del Sinodo dei Vescovi, 77)

6.     Infine l’approccio al mondo omosessuale ipotizzando anche la creazione di una pastorale specifica a loro dedicata. Per la prima volta nella storia della Chiesa, sui documenti ufficiali del Sinodo sono comparse terminologie appartenenti al mondo dell’omosessualità. La sigla Lgbt (acronimo di Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) è infatti apparsa nel documento preparatorio del Sinodo all’interno del paragrafo 197 in cui si parla delle attese dei “giovani Lgbt”. Evidentemente anche in Vaticano non sono passate inosservate le crescenti tendenze e rivendicazioni omosessuali, tanto che l’argomento è realmente stato discusso dai più o meno disposti Padri sinodali. Anche se la dottrina cristiana, riferendosi al progetto creatore di Dio, non permette matrimoni gay o nè sacerdozio omosessuale, alcuni Padri si sono dimostrati più aperti e disposti al dialogo.

            In conclusione, si è fatto riferimento ad un argomento molto caro al Movimento Pro Sanctitate, ovvero la chiamata universale alla santità: «Tutte le diversità vocazionali si raccolgono nell’unica e universale chiamata alla santità, che in fondo non può essere altro che il compimento di quell’appello alla gioia dell’amore che risuona nel cuore di ogni giovane. Effettivamente solo a partire dall’unica vocazione alla santità si possono articolare le differenti forme di vita, sapendo che Dio "ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente» (Francesco, Gaudete et exsultate, n. 1). La santità trova la sua fonte inesauribile nel Padre, che attraverso il suo Spirito ci invia Gesù, "il santo di Dio" (Mc 1,24) venuto in mezzo a noi per renderci santi attraverso l’amicizia con Lui, che porta gioia e pace nella nostra vita».

 

Claudia Torrisi