Educare, una forma di amore

Aiutare i piccoli a diventare grandi, è questo che fanno i genitori.

Educare è accompagnare e favorire la crescita dei figli che ci sono stati affidati; una responsabilità grande, un’avventura incomparabile, un dono immenso.

Non ci sono scuole, ricette o libri che ci possono aiutare perché è un compito che si impara sul campo. Ma non sarebbe male se ci fermassimo ogni tanto e ci prendessimo cura del nostro essere genitori, delle nostre fragilità, per poter crescere in una competenza mai definitivamente acquisita.

Ci sono tanti aspetti che meritano attenzione; il primo che mi viene in mente è la separazione che rende possibile la crescita. È una lezione che i cuccioli di animali imparano subito e che invece noi esseri umani fatichiamo un po’ ad apprendere. La prima separazione, quella del cordone ombelicale, rende possibile il respiro, la vita in questo mondo. Ma quante altre separazioni non avvenute negano ai piccoli la possibilità di crescere equilibrati! Perché tanta paura a lasciar andare? La paura di eventuali pericoli? Una inconfessata ma radicata sfiducia nella capacità dei piccoli? La paura di perdere il controllo sulla loro vita?

 

L’indipendenza di un bambino deve passare attraverso la libertà. La libertà di sporcarsi, la libertà di cadere, di sbagliare, di muoversi, di inciampare. L’indipendenza di un bambino deve passare attraverso la libertà di poter fare da solo. I bambini devono fare da soli, senza mai sentirsi soli.

Come fare a non far sentire solo un bambino? O un adolescente? Il tipo di vita stressante che conduciamo non ci permette di avere tempo. Alcuni ragazzi mi dicono che il papà lo vedono solo di sera, ma è talmente stanco che si mette davanti alla tv e guai se lo si infastidisce. Le mamme sono più disponibili, accompagnano qua e là ... ma quanto tempo dedicano a giocare con loro? A dialogare con loro? Spesso i genitori si lamentano del fatto che i figli non cercano il dialogo. Vanno considerate due cose: la prima è che l’adolescenza è il prezioso tempo in cui i ragazzi imparano a differenziarsi e quindi è un loro bisogno poter contraddire, poter dire di no, iniziare a distaccarsi.

E i genitori non devono averne paura, devono invece imparare ad essere presenti, rispettosi e non invasivi. L’ altro aspetto da considerare è che è difficile creare a 15 anni una relazione che non è mai esistita. Quando succede questo, quando succede che un genitore si rende improvvisamente conto che il tempo è passato velocemente e che ha trascurato la relazione col proprio figlio, allora deve avere tanta comprensione per lui e pazienza con se stesso. I rapporti si possono ricucire, ma ci vuole il tempo necessario, in cui è fondamentale riconoscere la propria responsabilità.

A volte i bambini continuano a chiamarci anche se abbiamo già detto loro più volte: “Dimmi, cosa c’è?”.

Solo quando ci avviciniamo a loro e li guardiamo negli occhi sembra che la nostra frase sia stata ascoltata. Non è un dispetto. I bambini hanno bisogno di essere visti per sentirsi davvero in relazione. Per sentire davvero se stessi negli occhi di mamma e papà.

“Per sentire davvero se stessi”: è un bisogno fondamentale dell’essere umano! È il fondamento dell’autostima, dell’assertività. Sentirsi: sentirsi buoni, importanti, amati. Sentire il proprio valore. Se i genitori, nella loro relazione educativa, riescono a trasmettere questo, cresceranno dei futuri adulti che non avranno bisogno di elemosinare importanza, amore, lì dove non possono trovarlo. Cresceranno persone capaci di essere generatori di felicità, perché capaci di trovare in se stessi ciò che la stragrande maggioranza cerca fuori di se'.

Ogni bambino ha il diritto di essere amato per ciò che è, non per ciò che vorremmo che fosse.

Quando un bambino, dopo essere stato sgridato, urla a gran voce: “Voglio la mia mamma!” o “Voglio il mio papà!”, anche se la mamma o il papà sono lì di fronte a lui, sta esprimendo un desiderio reale: rivuole davvero la sua mamma e il suo papà, ma quelli buoni e amorevoli. Più i bambini sono piccoli, meno sono capaci di conciliare sentimenti ambivalenti. Più sono piccoli, più hanno bisogno di essere amati sempre, anche quando i genitori sono arrabbiati con loro.

Vorrei concludere queste poche e semplici parole, buttate lì, come a condividere una riflessione fatta tra amici e accomunati dalla stessa vocazione quella, cioè, di collaborare con Dio a generare vita, vita adulta, matura, in armonia con la grandezza (santità) che Gesù ci invita a raggiungere, lanciando un messaggio a quelli che si interessano di formazione a vario titolo: quando avete a che fare con un adulto che si comporta da bambino, non infierite, non siate giudicanti! Ricordatevi solo che è un bambino non cresciuto e che merita tutto il vostro rispetto.

 

 

Sonia Chiavaroli