Mente o Cuore?

È sempre il pensiero che fa la differenza. È dal pensiero che nascono le azioni, le scelte, i diversi atteggiamenti delle nostre giornate. Chiedersi “cosa penso?” permette di conoscersi. Ma non i pensieri superficiali bensì quelli profondi, quelli che non riusciamo ad accettare o che abbiamo rimosso.

Se penso di non essere abbastanza, farò di tutto per farmi accettare, oppure mi impegnerò tanto a buttare fango sulle persone così da non sentire il malessere che deriva dal senso di inadeguatezza che provo.

Se penso che gli altri sono stupidi avrò un atteggiamento di sufficienza o superiorità. Se penso che gli altri sono cattivi o penso che non ci si può fidare di nessuno, attiverò sempre atteggiamenti di difesa o di attacco.

Se penso che Dio non esiste, non lo cerco, ne’ vedo l’evidenza della sua presenza nelle cose meravigliose che ci sono intorno.

Se penso di non essere amabile, resto chiusa e non permetto a nessuno di amarmi e nemmeno riesco ad amare. Se penso che “non ho abbastanza” divento avida e niente riesce ad appagarmi, pur illudendomi che cose o persone possano farlo. Se penso che Dio non mi ama, non riesco a sentire il suo abbraccio che mi nutre continuamente di amore infinito.

Mi si potrebbe chiedere: “se riuscissi a decifrare e capire il pensiero sbagliato che genera il mio malessere e quindi i miei comportamenti inadeguati, poi cosa ne faccio? Come cambio?”

Semplice: rettificare il pensiero sbagliato, trasformarlo, illuminarlo di verità.

Non è un processo semplice o immediato, è un cammino lungo, è ciò che si intende per “formare la coscienza”. Cos’è la coscienza?

“Il  termine deriva dal latino conscientia, a sua volta derivato di conscire, cioè "essere consapevole, conoscere" (composto da cum e scire, "sapere, conoscere") e indica la consapevolezza che la persona ha di sé e dei propri contenuti mentali.  In questo senso il termine "coscienza" viene genericamente assunto non come primo stadio di apprensione immediata di una realtà oggettiva, ma come sinonimo di "consapevolezza" nel suo riferimento "alla totalità delle esperienze vissute, ad un dato momento o per un certo periodo di tempo".

Formare le coscienza significa quindi aiutare a far prendere consapevolezza.

Consapevolezza di come certe esperienze abbiano generato determinate emozioni e determinati pensieri, che condizionano la nostra vita. Consapevolezza di come determinate emozioni, come la paura, la rabbia, l’ansia sono il risultato di una distorta visione della realtà.

Consapevolezza delle esperienze, spesso dolorose, che hanno generato i pensieri e le emozioni che ci muovono. Consapevolezza della vera realtà, quella di Dio, del suo amore.

Ma consapevolezza senza azione non produce cambiamento.

Anzi, è il tentativo di andare dalle “parte opposta” di dove siamo soliti andare a far sprigionare la verità di noi, quella sepolta dalle innumerevoli maschere che condizionano la nostra essenza.

Attivare solo “il senso del dovere” non porta molto lontano. Non basta dirsi “devo essere buono, generoso, amare” per esserlo veramente. Bisogna formare la nostra coscienza, bisogna acquisire consapevolezza, cioè attraversare tutti i pensieri e le emozioni negative (negative perché dettate dall’ego) per arrivare alla verità di noi stessi. Per conoscere il meglio, bisogna attraversare il peggio. Ci vuole coraggio.

E non siamo aiutati dal contesto in cui viviamo, che mette tutti i mezzi per farci rimanere nel virtuale, nel non reale, prigionieri di limiti mentali che ci siamo imposti da soli.

Eppure lo Spirito Santo ci muove nella giusta direzione, ci guida. È Lui il vero formatore della nostra coscienza. Immagino la coscienza come un giardino, che potrebbe essere bellissimo, ma non lo è perché l’abbiamo trascurato, abbiamo permesso ad altri “di metterci le mani” e quindi non esprime più chi siamo noi. E così è diventato impraticabile, pieno di rovi, spine, erbacce. Tuttavia lo Spirito Santo è lì, che rimette tutto a posto. Toglie le erbe che non c’entrano niente, lascia respirare, concima e cura le piante e i fiori che il Padre aveva seminato e piano piano riconsegna  questo giardino alla sua bellezza originaria. Potrebbe realizzare tutto questo in un attimo perché Lui è Dio, ma deve fare i conti con la nostra libertà e la nostra volontà. Per cui deve andare necessariamente a rilento. Ma anche questo è un’espressione del suo grande amore!

Forse siamo noi i giardini dell’Eden.

 

Sonia Chiavaroli