
La notizia della morte di papa Francesco ci ha colti di sorpresa. Pur sapendo che, nonostante le dimissioni dall’ospedale, le sue condizioni restavano molto delicate, abbiamo gioito delle sue “apparizioni a sorpresa”, culminate nel giro di piazza san Pietro in papamobile, la domenica di Pasqua. Il suo ultimo abbraccio, per il quale, sapremo dopo, ringrazierà i suoi collaboratori.
In questi giorni, al dolore per la sua scomparsa, si uniscono gli interrogativi sul futuro della Chiesa, su quale cardinale sarà chiamato a guidare il nostro cammino per i prossimi anni: su questo l’unica cosa da fare è, come si sta facendo, intensificare la preghiera, invocare con forza il dono dello Spirito Santo, con la fiducia e la certezza che è il Signore stesso a guidarci e accompagnarci.
Ma c’è un interrogativo che ci tocca più direttamente: quale eredità raccogliamo da papa Francesco? Tante cose si stanno ricordando, tanti temi che, con evidenza, a lui sono stati più a cuore e che hanno anche avviato nuovi processi. Dal suo Magistero, vogliamo raccogliere tre pietre preziose, sicuramente quelle che abbiamo sentito toccarci più da vicino.
La prima è il suo documento programmatico, l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium: con essa il Papa ha ricordato il significato più autentico e profondo della ‘missione’, non come un’attività tra le altre che la Chiesa realizza, ma come ciò che la identifica e la qualifica. Siamo Chiesa di Cristo nella misura in cui la sequela e l’annuncio sono la cifra della nostra vita quotidiana, il fulcro di ogni attività.

La seconda pietra preziosa è la Gaudete et Exsultate, con la quale non solo ha ricordato a tutti che la santità è la nostra vocazione fondamentale, ma ci ha incoraggiati a cercare la santità in ogni piccolo particolare della nostra vita quotidiana e a riconoscere che ci sono una moltitudine di “santi della porta accanto”.
La terza è l’enciclica Fratelli tutti, un vero inno alla fraternità universale, l’altra faccia della santità universale. Forse questa è una delle parole più profetiche di papa Francesco, un invito ad essere operatori di fraternità; è la risposta alle lacerazioni che emergono in maniera sempre più violenta in questi ultimi anni in diverse parti del mondo attraverso le guerre, ma anche nelle relazioni sociali.
Ringraziamo il Signore per il dono di papa Francesco, un dono che non finisce con la sua morte: le sue parole e la sua testimonianza, ma soprattutto i percorsi coraggiosi che ha avviato nella Chiesa trovino in tutti noi un terreno fertile, che faccia ancora fiorire il giardino dell’umanità con i doni generosi di Dio.
Cristina Parasiliti