![Al centro: Guglielmo Giaquinta, giovane sacerdote](https://image.jimcdn.com/app/cms/image/transf/dimension=363x1024:format=jpg/path/s475df9f7e3c6bc0a/image/i24c53ab04819ebaf/version/1500099075/image.jpg)
Lo guardi ammirato e ti chiedi: ma quel seme chi l’ha portato in questa zolla? Forse il volo di una farfalla o di un uccello o l’impeto del vento autunnale. Forse, ma non lo sai. Conosci tu come spunta la vocazione sacerdotale? E’ un mistero e ora voglio raccontarti il mio mistero.
Frequentavo con gioia la mia parrocchia, sul Casilino, e anzi ero anche esploratore. Ma di farmi prete non se ne parlava. Dovetti iscrivermi tra gli avanguardisti, e ogni volta che passavo davanti alla mia chiesa sentivo uno struggimento nell’anima. Ma di farmi prete neppure l’ombra.
Imparai a marinare la scuola e santificavo l’assenza raccogliendo francobolli vecchi per le missioni. Ma di farmi prete non se ne parlava. La marachella urtò mio padre, il quale decise di mettermi a scuola dai preti. Cosa strana: nell’istante in cui io varcai la soglia di quella scuola ebbi la certezza che dovevo diventare prete. Certezza che non è più svanita.
Da dove quel seme spuntato solitario in un prato non coltivato? È il mistero di Dio che noi dobbiamo solo ammirare senza pretendere di poterlo spiegare. È la vocazione sacerdotale.
Guglielmo Giaquinta da - “Il Massimalismo”, n. 9, febbraio 1989
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