La rivoluzione dell'amore e il mainstreaming

Il mio cervello è colonizzato? Forse sì, probabilmente sono intrappolata senza rendermene conto nella sfera perfetta della globalizzazione. Rotonda, levigata, egualitaria. Papa Francesco immagina la globalizzazione come un poliedro dalle mille sfaccettature, non la superficie appiattita di una sfera. C’è una globalizzazione "buona" che porta alla riduzione del divario tra paesi ricchi e paesi poveri, ma c’è anche una pesante opera di riduzione dei popoli al pensiero unico. Al centro non vi è più la persona umana, solo il denaro.


Grande responsabilità è la nostra. Crediamo nell’utopia dei santi, desideriamo un mondo di santi e fratelli, siamo sostanzialmente convinti che in ogni uomo, anche colui che ha commesso cose abiette, c’è un cuore che può lasciarsi amare ed amare a sua volta: come vivere in concreto questa insopprimibile fiducia nell’uomo? Voglio dire, come viverla oggi? Un oggi in cui non sappiamo più i fondamentali del bene comune, perché la questione della libertà, del rispetto della persona, dei diritti inalienabili, dei valori, si fondono in un gran calderone che cuoce tutto a fuoco lento. Un fuoco il cui perenne combustibile è in poche sottili parole, una piccola ed apparentemente innocua domanda: “Che male c’è?”.

 

Che bene c’è, questa è la domanda. Dov’è il bene? Guardiamoci intorno e scopriremo che nessuno più si chiede dov’è il bene, per il semplice motivo che bene e male vanno necessariamente a braccetto con vero e falso. Ci sono cose giuste e vere, anzi giuste perché vere. La libertà, tanto invocata in questi giorni in cui pare che tutti siamo Charlie (non apriamo questo capitolo, sarebbe ben lungo), è anche libertà di sbagliare, ma per piacere rendiamoci conto che ormai l’etica soft globalizzata ha deciso di recidere il cordone ombelicale che tiene legato il giusto al vero. Vero è solo il “qui e ora”: voglio ciò che mi piace e lo ritengo un mio diritto, chi sei tu per dirmi che quello che pretendo non è buono e giusto?

 

Se ci sono tante verità quanti sono gli IP dei nostri pc, smartphone e tablet, se la verità è una questione di molteplicità delle fonti di informazione, di personalizzazione valoriale fai-da-te, ecco qui che siamo colonizzati, non siamo più individui ma terra di (facile) conquista, massa acritica da plasmare. Mediante dosi massicce di “politically correct”. Loredana Reitano giustamente riflette “stiamo assistendo allo sgretolarsi di ogni verità sull’uomo, alla polverizzazione dell’antropologia, alla desertificazione della vita, alla programmazione della persona, al controllo esercitato sui popoli e sui nostri pensieri” ed osserva che “I mezzi di comunicazione sono conniventi con queste direttive europee e mondiali, gestite da lobby di potere”.

 

Il nostro amato fondatore ci avvisava nel 1973, lungimirante: “I nemici della Chiesa parlano, scrivono e calunniano. Non vogliamo seguirli nel falso e nel male ma dobbiamo saper difendere la verità passando noi stessi al contrattacco e confutando con fermezza le affermazioni contrarie. E' l'ora non solo del coraggio ma anche della lotta aperta.” Pochi rimangono oggi a difendere e ripetere a tutti, con speranza e fermezza, il valore antropologico della persona e della dignità di ogni vita umana.

 

Osserviamolo questo mondo che vogliamo amare, cerchiamo come primo passo di comprendere la rappresentazione che ce ne viene data. Leggere i giornali, i principali giornali, è diventata una pratica rischiosa: goccia a goccia, giorno dopo giorno, potrei ritrovarmi nella sfera perfetta, globalizzata e colonizzata nella mente. Un antidoto c’è: formazione delle coscienze, ci raccomandava Giaquinta. Formiamoci, impariamo a riconoscere i fatti, informiamoci. Ragioniamo. Con amore. Ma ragioniamo. Come vivere e diffondere la rivoluzione dell’amore se restiamo, invischiati inconsapevoli, nella melassa del mainstreaming? Non lasciamoci colonizzare il cervello.

 

Ora, per fare un gesto concreto, propongo la lettura di un interessante articolo che analizza l’operato del Corriere della Sera. Forse non è l’unico, né il migliore, potrà piacervi o no, spero serva a ricordarci che è importante esercitare un sano senso critico. E qui, scusate, torna la questione originaria tra buono e non buono, tra vero e falso, perché criticare deriva da separare, e in definitiva saper scegliere. Vedere tutto con occhio buono, vuol dire anche saper chiamare bene il bene e male il male; per creare in noi stessi, e nei nostri ambienti di vita, “uno stato di allarme permanente e sistematico...Alle persone che ci stanno accanto dobbiamo martellare la parola « amore » in tutti i tempi e in ogni modo".

 

20 gennaio 2015

Paola Assenza, Co-direttore del centro operativo Pro Sanctitate Roma